La nostra intervista a Cesare Fumagalli, Segretario Generale di Confartigianato

La redazione di Welfare Index PMI ha intervistato il Segretario Generale di Confartigianato Cesare Fumagalli che sottolinea: “Stare bene in azienda fa bene all’azienda: si migliora la produttività, si ottimizzano le risorse economiche, si incrementa quello spirito di squadra indispensabile ad affrontare le nuove sfide imposte dalla trasformazione del mercato”.

1) Quante imprese associate conta Confartigianato? Sono equamente distribuite su tutto il territorio o concentrate in alcune aree del Paese? Come insomma si presenta la fotografia delle imprese artigiane a inizio 2018?

I nostri 700mila imprenditori associati sono distribuiti nel Paese con una presenza capillare e rispecchiano il profondo e diffuso radicamento dell’artigianato in tutti territori. In generale nelle regioni del Nord Ovest sono attive 417mila imprese, mentre il Nord Est ne conta 312mila. In queste aree prevalgono le imprese manifatturiere con la maggiore propensione all’export.
Nel Centro Italia operano 268mila imprese e nel Mezzogiorno si attestano a 329mila. Il primato regionale per la maggiore concentrazione di imprese artigiane, 249mila, appartiene alla Lombardia, seguita da Veneto ed Emilia Romagna, con 129mila aziende.

2) Quali sono le caratteristiche, i bisogni specifici ed emergenti delle imprese artigiane?

L’artigianato contemporaneo è un mix di grande tradizione manifatturiera, innovazione tecnologica, capacità di intercettare le nuove tendenze dei mercati internazionali. L’arma vincente delle nostre aziende sta nel ‘saper fare a regola d’arte’, nella cura per i dettagli, nella creatività, nel gusto, nella capacità di personalizzare beni e servizi che soddisfano la domanda di consumatori che cercano la distintività, l’unicità, non l’omologazione.
Proprio sull’impresa ‘a valore artigiano’ bisogna puntare per ampliare e consolidare lo sviluppo, superando ostacoli, inefficienze, debolezze del contesto in cui operano gli imprenditori: dal fisco al credito, alla burocrazia, alla carenza di infrastrutture. Su questi e altri indicatori, l’Italia deve fare il salto di qualità per allinearsi agli sforzi compiuti dagli imprenditori.

3) Cosa può fare il welfare e quali sono state le novità dell’ultimo anno in materia di welfare aziendale per il vostro settore?

L’offerta pubblica dei servizi di welfare non riesce più, e ancor meno riuscirà in futuro, a dare risposte efficaci ai nuovi bisogni di cittadini, famiglie e imprese. Non è più solo questione di pensioni e sanità. La domanda pressante di servizi riguarda assistenza agli anziani, cura dei bambini, istruzione, formazione e aggiornamento professionale, conciliazione lavoro e famiglia per le donne, recupero del disagio sociale.
Per colmare questo gap, Confartigianato, nel 2017, ha lanciato il progetto per il Nuovo Welfare capace di diventare un’opportunità per il Paese, motore di crescita sociale e sviluppo economico. Condizione essenziale per realizzare il nuovo welfare è creare reti che connettano aziende, associazioni, organizzazioni sindacali, istituzioni pubbliche, soggetti del terzo settore, fornitori di servizi. Reti che condividano soluzioni, conoscenze, competenze, risorse, costi e rischi. Il nostro obiettivo consiste nell’aggregare i soggetti in grado di fornire i servizi richiesti dalle famiglie, assicurandone la qualità, inserirli in una proposta organica e offrirli a condizioni economicamente sostenibili per chi li eroga e a prezzi sopportabili per chi li richiede.
In concreto, il progetto di Confartigianato per il nuovo Sociale coinvolge numerose nostre Associazioni territoriali e, attraverso una piattaforma creata su misura per le micro e piccole imprese fornisce prestazioni in materia di salute, assistenza, conciliazione vita-lavoro, educazione ed istruzione, grazie al supporto di una rete di partner e soggetti del territorio. Si tratta di prestazioni estremamente personalizzate e mirate a soddisfare bisogni specifici.

4) Quali sono secondo lei gli ostacoli maggiori che frenano lo sviluppo del welfare nel nostro Paese e nell’artigianato in particolare?

il ciclo economico negativo dell’ultimo decennio ha frenato e spinto il welfare: i margini scarsissimi – spesso negativi – hanno impedito l’aumento dei salari , la paura e le insicurezze hanno fatto privilegiare ai lavoratori la copertura dei rischi, in primis quelli legati alla salute. Finora il welfare applicato nell’artigianato con piena soddisfazione per imprese e lavoratori è stato quello espresso dalla bilateralità, originato dalla contrattazione collettiva e, dunque, modellato su misura per le micro e piccole imprese. Riconosco che le più recenti normative in materia, oltre ad avere rafforzato gli incentivi alle imprese, hanno reso più agevole l’utilizzo del welfare sussidiario, ampliandone anche la gamma di interventi.

5) Quali sono i vantaggi concreti per un’impresa artigiana che abbia attivato un piano di welfare?

Stare bene in azienda fa bene all’azienda. Si migliora la produttività, si ottimizzano le risorse economiche, si incrementa quello spirito di squadra indispensabile ad affrontare le nuove sfide imposte dalla trasformazione del mercato. Tutto questo diventa ancora più importante nell’impresa artigiana dove il datore di lavoro opera gomito a gomito con i propri collaboratori e con loro condivide le medesime esigenze di welfare.

6) In che modo Confartigianato sostiene lo sviluppo del welfare nel proprio settore?

Abbiamo una lunga esperienza alle spalle: l’artigianato è stato il primo settore ad occuparsi del benessere dei propri dipendenti attraverso un welfare fondato sulla bilateralità. Mi riferisco al sistema degli Enti bilaterali, nato 30 anni fa ed espressione di una cultura condivisa tra le parti sociali per gestire le relazioni sindacali, il sostegno al reddito, la formazione, il mercato del lavoro, il welfare integrativo all’insegna della sussidiarietà, del mutualismo, del protagonismo delle parti sociali.
Insomma, coltiviamo da sempre relazioni sindacali di tipo partecipativo, promuovendo la cultura della collaborazione fra imprenditori e collaboratori che è alla base dell’affermazione di politiche aziendali di valorizzazione del welfare.

7) Qual è secondo lei l’utilità dell’iniziativa Welfare Index PMI?

Il meccanismo premiale sotteso a Welfare Index PMI fa scattare un sano spirito di emulazione e di competizione tra gli imprenditori. Il sistema di rating dei livelli di welfare è utile per stimolare e coinvolgere le PMI, pronte a mettersi in gioco ma spesso restie a pubblicizzare le proprie buone pratiche gestionali. Senza dimenticare l’importanza di portare il tema del welfare all’attenzione dell’opinione pubblica e dei decisori politici.