Oltre duemila i contratti che prevedono l’erogazione di strumenti di welfare

Sono ben 2.290, su 13.543, i contratti aziendali e territoriali istitutivi dei premi di produttività che prevedono l’erogazione di strumenti di welfare aziendale.

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha infatti reso noto con un comunicato stampa del 18 luglio 2016 (Premi di produttività) i dati relativi ai contratti aziendali e territoriali per i quali è obbligatorio l’invio telematico, o “deposito”, da parte dei datori di lavoro entro il termine, fissato al 15 luglio scorso, con riferimento agli accordi sottoscritti nel 2015. Un grande successo dunque di chi crede nella diffusione del Welfare per accrescere il benessere dei lavoratori e per ottimizzare il costo del lavoro!

Una delle più importanti novità dell’ultima Legge di Stabilità è quella di consentire di sostituire i premi di produttività in denaro con beni e servizi. Questa opzione deve però essere necessariamente inserita nei contratti territoriali o aziendali sottoscritti con i sindacati ed è pertanto sottratta alla libera disponibilità delle parti: è la contrattazione collettiva di secondo livello ad accordare ai dipendenti la facoltà di scelta.
In altre parole, se il contratto lo prevede, ogni dipendente può individualmente decidere di trasformare, in tutto o in parte, il premio di produttività a lui spettante in “premio sociale” spendibile in servizi di welfare. E il datore di lavoro deve assecondare questa decisione. La normativa non detta ulteriori regole, per cui l’eventuale disciplina di dettaglio, riguardante ad esempio le modalità di esercizio della scelta o la possibilità di revoca, resta demandata all’autonomia delle parti o al contratto stesso.

La conversione premi in denaro/servizi di welfare incrementa la soddisfazione dei lavoratori sia dal punto di vista della gestione del rapporto di lavoro (flessibilità), sia in termini economici attraverso un maggior potere di acquisto. Sotto quest’ultimo profilo occorre tener presente che il premio di produttività è al lordo delle ritenute contributive e fiscali (dato 100 di premio, il netto percepito dal dipendente è di circa 80), mentre il medesimo valore trasformato in servizi di welfare è al netto (100 di premio uguale a 100 di percepito). Il Datore di lavoro, dal canto suo, ottimizza i costi aziendali azzerando o riducendo il cd. “cuneo fiscale” grazie alla agevolazioni fiscali offerte dalla normativa (dato 100 di premio, il risparmio è di circa 40). Quanto basta per spingere le parti contraenti gli accordi territoriali e aziendali (rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori) a sostenere e facilitare la conversione dei premi di produttività in servizi di welfare, incoraggiando i lavoratori verso tale scelta.

In questa direzione va certamente il modello di accordo collettivo territoriale sottoscritto il 14 luglio scorso tra Confindustria, Cgil, Cisl e Uil e rivolto ai datori di lavoro che non hanno possibilità di stipulare un accordo a livello aziendale per mancanza delle rappresentanze sindacali interne. Secondo tale modello, l’impresa può consentire al dipendente di convertire il premio di produttività, in tutto in parte, in prestazioni di welfare aziendale.

Claudio Della Monica
Consulente del Lavoro – Della Monica & Partners srl STP