La riforma fiscale

di Andrea Dili – Dottore Commercialista

Nei giorni scorsi le commissioni finanze della Camera dei Deputati e del Senato hanno reso pubbliche le conclusioni dell’indagine conoscitiva sulla riforma fiscale avviata nove mesi fa e condotta attraverso ben 61 audizioni, che hanno visto la partecipazione delle parti sociali e di alcuni dei massimi esperti di diritto tributario.

La relazione conclusiva, che contiene la sintesi condivisa delle posizioni espresse dalle varie forze politiche, fornisce interessanti indicazioni su quelle che, presumibilmente, saranno le linee di intervento seguite dal Governo nel momento del varo della annunciata riforma fiscale.

Il documento parlamentare è articolato in due capitoli, il primo focalizzato sugli obiettivi di fondo della riforma, il secondo su alcune proposte ritenute utili per raggiungere tali obiettivi. Già dalla lettura del sommario si può comprendere come il lavoro delle commissioni, inizialmente focalizzato sull’imposta sui redditi delle persone fisiche (IRPEF), abbracci un orizzonte ben più ampio, andando a incidere su alcuni elementi cardine del sistema tributario italiano e, più in generale, sul rapporto fisco/contribuente nell’ottica dello stimolo alla crescita economica del Paese.

È proprio il tema della crescita, infatti, ad aprire la riflessione delle commissioni, che rilevano come il cattivo funzionamento del sistema fiscale sia una zavorra che pesa inesorabilmente sulla competitività del sistema Italia, confermando peraltro quanto più volte emerso dalle migliori ricerche internazionali. Quale, ad esempio, il rapporto annuale sulla competitività economica stilato dalla Banca Mondiale, Doing Business 2020, che nel ranking che misura la complessità dei sistemi fiscali vede l’Italia occupare il 128esimo posto (tra il Mozambico e il Myanmar) su 190 paesi.

Partendo da tale constatazione, le commissioni propongono una revisione del modello fiscale italiano sulla base di tre linee di intervento:

  1. la riduzione della tassazione sul lavoro, orientamento peraltro già seguito nell’ultimo decennio attraverso varie misure concentrate esclusivamente sul lavoro dipendente (decontribuzioni ebonus);
  2. la razionalizzazione delle aliquote marginali effettive, che disincentivano l’offerta di lavoro e amplificano le distorsioni del sistema;
  3. la semplificazione, declinata nel riordino delle norme fiscali in testi unici, nell’elevazione di alcune parti dello statuto del contribuente a rango costituzionale, nella cancellazione di una pluralità di tributi minori e nell’avvicinamento del bilancio fiscale a quello civilistico.

Un programma certamente molto ambizioso, ricordando che di riequilibrio del rapporto tra fisco e contribuenti si discute da lungo tempo con l’obiettivo di ridurre gli adempimenti fiscali a carico di imprese e professionisti.

Per raggiungere tali obiettivi le commissioni individuano, non senza contraddizioni, una serie di misure: dalla revisione del modello IRPEF al superamento dell’IRAP, dalla reintroduzione dell’IRI alla semplificazione dell’IRES. Tali indicazioni assumono particolare rilievo poiché, come già dichiarato da autorevoli esponenti del Governo, le conclusioni dell’indagine conoscitiva effettuata dalle commissioni parlamentari costituiranno il punto di partenza della riforma fiscale preannunciata anche all’interno del PNRR. Proviamo, quindi, a esaminarle sinteticamente.

Per quanto riguarda l’imposizione sui redditi delle persone fisiche (IRPEF) vengono declinati una pluralità di interventi, il più significativo dei quali afferisce alla riduzione della aliquota media effettiva sopportata dai contribuenti della cosiddetta “classe media” (tra 28mila e 55mila euro di reddito) e alla armonizzazione delle aliquote marginali effettive, da realizzarsi attraverso “un intervento semplificatore sul combinato disposto di scaglioni, aliquote e detrazioni per tipologia di reddito”, le cui modalità attuative non vengono tuttavia specificate. Le commissioni, inoltre, propongono l’introduzione di un reddito “minimo esente”, rinforzato per i giovani under 35, al di sotto del quale verrebbe meno l’obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi. Viene infine ravvisata l’esigenza di tagliare il numero delle detrazioni d’imposta, numero cresciuto notevolmente nel corso dell’ultimo ventennio.

Per quanto riguarda le persone fisiche con partita iva viene proposto un rafforzamento del modello forfettario che, attraverso un meccanismo assai complesso, verrebbe esteso, a determinate condizioni, anche a coloro che superano l’attuale soglia di 65mila euro di ricavi (o compensi) annui, ripescando in forma ridotta la cosiddetta “flattax fino a 100mila euro” introdotta dal Governo Conte 1 e soppressa dal Governo Conte 2 prima della sua effettiva entrata in funzione.

Come accennato, poi, per imprese individuali e società di persone in contabilità ordinaria viene riproposto il regime opzionale IRI (imposta sul reddito di impresa), già introdotto dalla legge di bilancio 2018 e successivamente abrogato senza mai essere utilizzato, che consentirebbe a tali soggetti di applicare una aliquota proporzionale nel caso in cui l’utile prodotto venisse reinvestito nell’impresa.

Sembrano, invece, particolarmente interessanti le proposte in merito alla revisione del modello di imposizione sui redditi di natura finanziaria: in primo luogo l’attuale frammentazione di tali tipologie di redditi ai fini fiscali, che genera effetti distorsivi, verrebbe ricondotta a unitarietà; in secondo luogo viene immaginata una forte incentivazione degli investimenti nella previdenza complementare.

Al contrario, appaiono ancora non ben definite le indicazioni afferenti l’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), che verrebbe superata attraverso una traslazione del gettito su altri tributi.

Le novità più ragguardevoli, non senza sorpresa considerando che il dibattito degli ultimi mesi è stato incentrato quasi esclusivamente sull’IRPEF, si registrano in merito all’imposta sul reddito delle società (IRES), dove verrebbero messi in campo specifici incentivi volti a migliorare la produttività delle imprese e la crescita dell’intero sistema imprenditoriale italiano. Di particolare rilevanza, infatti, appare l’incentivazione delle aggregazioni di imprese di dimensioni minori: la frammentazione del tessuto imprenditoriale, infatti, costituisce un freno all’incremento della produttività. Sul medesimo piano anche le misure volte a promuovere l’impiego dell’utile di esercizio in investimenti a favore della produttività e dell’incremento dei posti di lavoro. Non potevano mancare, inoltre, considerando il contesto post pandemico e le linee dettate dal PNRR, specifiche misure a favore della transizione ecologica, tra le quali l’incentivazione alla riqualificazione energetica e ambientale e alla decarbonizzazione.

Il documento delle commissioni parlamentari, infine, si chiude con alcune proposte volte al miglioramento del rapporto tra fisco e contribuenti. Certamente apprezzabile, anche se per valutarne la reale efficacia occorrerà verificare le concrete modalità di attuazione, è l’idea di “scambiare” l’universalizzazione della fatturazione elettronica – che sarebbe estesa a tutti i soggetti oggi esentati, quali ad esempio i forfettari – e più in generale degli strumenti digitali con la riduzione degli adempimenti per imprese e professionisti. Ancora più meritevole, se attuata, sarebbe l’intenzione di garantire l’interoperabilità delle banche dati. In merito, occorre ricordare come nel corso del recente ciclo di audizioni tenutosi presso la Commissione parlamentare di vigilanza sull’anagrafe tributaria sia emerso che il Ministero dell’Economia e delle Finanze, unitamente alle agenzie di riferimento, gestisce ben 161 banche dati: una mole di informazioni che, se correttamente utilizzata, potrebbe risolvere gran parte del problema dell’evasione fiscale.

A ben vedere, sintetizzando, la relazione delle commissioni parlamentari appare un insieme di proposte di indirizzo verso una revisione di un sistema tributario che, dati alla mano, necessiterebbe di una riforma complessiva per risultare più efficiente. Un risultato che presumibilmente risente della necessità di trovare una sintesi tra forze politiche eterogenee e della scarsità di risorse finanziarie disponibili. Vedremo nei prossimi mesi, quando l’iniziativa passerà al Governo, se le sintesi che verranno raggiunte condurranno a un sistema fiscale più equilibrato ed efficiente.

Andrea Dili
Dottore Commercialista, esperto di Welfare Index PMI