Le imprese piemontesi al centro della comunità: da Olivetti al moderno welfare aziendale

Possiamo parlare di welfare aziendale e di ruolo sociale delle imprese in Piemonte senza ricordare la figura di Adriano Olivetti? Certamente l’odierno welfare aziendale è un’esperienza recente, nata grazie a un impianto normativo del 2016 che ha incentivato la diffusione in tutto il sistema produttivo italiano, anche nelle medie e piccole aziende, di iniziative e servizi per il benessere dei lavoratori e delle loro famiglie. L’attuale contesto è molto distante da quello delle antiche esperienze di “capitalismo illuminato”. Ma riconoscere le radici è importante, ed è importante non dimenticare la lunga storia di un pensiero che ha sempre considerato l’impresa come una realtà sociale, inserita in una comunità più ampia e non separabile dalle persone che ne fanno parte, dalle loro aspirazioni e dai loro percorsi di vita. Adriano Olivetti muoveva da un approccio etico, distingueva mezzi e fini: considerava lo sviluppo umano come un fine e le forze economiche come un mezzo. Ciò lo portò a far crescere una impresa fortemente innovativa, leader nella meccanica e pronta a investire nell’elettronica, dotata di una cultura, di principi gestionali e di un capitale umano di qualità tale da costituire molto a lungo un punto di riferimento per la modernizzazione del nostro sistema industriale.

In qualche misura questa eredità dà ancora i suoi frutti, e credo di non sbagliarmi se ne vedo un segno nelle più belle storie di welfare aziendale in Piemonte. Una regione che vede la presenza di 14 imprese Welfare Champion e 74 Welfare Leader: i due riconoscimenti più alti assegnati da Welfare Index PMI nel 2024.

Diamo uno sguardo, quindi, alla realtà più generale del welfare aziendale nella regione, utilizzando l’indice Welfare Index PMI. Dall’inizio del progetto nel 2016 a oggi le imprese piemontesi classificate ad un livello alto o molto alto di welfare sono triplicate, passando dal 10% al 32%. Ciò significa che un terzo delle imprese sono attive in un’ampia gamma di prestazioni sociali: dalla salute alla previdenza, dall’istruzione all’assistenza agli anziani, le pari opportunità, la conciliazione tra la vita personale e il lavoro…

Il Piemonte vede la presenza di una struttura produttiva robusta, fatta di 776mila imprese di cui 75mila società di capitale, che raggiungono il 42% delle famiglie di tutte le condizioni sociali. Un sistema così presente nel territorio, con le proprie iniziative di welfare, offre un contributo prezioso alla coesione sociale, rispondendo ai bisogni essenziali delle famiglie.

Ciò che non è ancora sufficientemente compreso, nel dibattito politico e nell’opinione pubblica, è l’enorme potenziale generato da questa esperienza, la sua possibile evoluzione nell’interesse generale del Paese. Il welfare aziendale è destinato a crescere perché contribuisce a migliorare i risultati economici delle imprese. Abbiamo analizzato i bilanci dal 2020 al 2023 di trecento aziende piemontesi, e verificato che tutti gli indicatori di crescita, produttività e redditività sono fortemente correlati al livello di welfare aziendale. Le imprese ad alto livello di welfare hanno raggiunto un indice di produttività (MOL per addetto) di 57mila euro, contro una media di 22mila euro. Simile l’andamento del fatturato, cresciuto in tre anni del 7,4% nella media generale, ma in misura doppia (13%) nel segmento ad alto livello di welfare. Non è difficile comprenderne le ragioni: il welfare aziendale è una leva di management efficace, non determina automaticamente i risultati ma fa parte di una cultura gestionale evoluta.

Ma questi dati veicolano anche un messaggio più generale, di straordinaria importanza in un’epoca in cui le strutture tradizionali del welfare state sono in evidente difficoltà. Significano infatti che il welfare aziendale costituisce un modello sociale che non solo distribuisce risorse, ma contribuisce a generarle. Per questo motivo le imprese, soprattutto quelle che hanno maturato una visione strategica del proprio ruolo sociale, sono in grado di partecipare a un rinnovamento generale del welfare italiano, agendo come nuclei di un nuovo welfare di comunità. Ovviamente non potranno farlo da sole: per avviare questa prospettiva occorre l’iniziativa delle istituzioni e in modo particolare delle Regioni. Possiamo pensare ad un rinnovamento dei sistemi di welfare che non poggi esclusivamente sulla spesa pubblica? Il Codice del Terzo Settore definisce gli strumenti per attivare la partnership tra istituzioni pubbliche e soggetti privati, enti del terzo settore e imprese: co-programmazione e co-progettazione. Il futuro è tutto da scrivere.

di Enea Dallaglio, Partner MBS Consulting, Direttore di ricerca Welfare Index PMI

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