Premi e Welfare: le nuove rotte dei contratti

Estendere i benfit alle Pmi con intese territoriali in modo da far crescere i ritorni sociali.

Oltre due lavoratori su cinque nell’industria – uno su due nei servizi – sono coperti da un contratto aziendale che prevede l’erogazione di primi collettivi variabili, legati a incrementi di produttività ed efficienza: questo uno dei risultati dell’annuale indagine di Confindustria sul lavoro, che nel complesso restituisce un quadro sempre più ricco di soluzioni volte ad accrescere la partecipazione e la soddisfazione dei lavoratori.

Si diffonde  la partecipazione organizzativa: uno su venti dei contratti aziendali disciplina forme di coinvolgimento paritetico. Mentre si restringe l’offerta dei servizi pubblici, ai propri dipendenti non dirigenti quasi tre su cinque imprese associate a Confindustria offrono uno o più forme di Welfare aziendale. Quella più diffusa è l’assistenza sanitaria integrativa, ma l’offerta si fa via via più differenziata, passando dalle tradizionali mense, a somme e servizi con finalità di istruzione e ricreazione per dipendenti e figli, fino ad estendersi all’assistenza a familiari anziani o non autosufficienti.

Cresce il “lavoro agile”: un’azienda su venti già prevede modalità di lavoro senza precisi vincoli di orario o luogo, una su dieci la ritiene un’opzione interessante. Premi e welfare, tradizionalmente adottati su decisione unilaterale del datore di lavoro, sono oggi  sempre più regolati dalla contrattazione di secondo livello. Con la negoziazione aziendale è più facile realizzare scambi positivi tra aumenti di efficienza e miglioramenti, salariali e non, per i lavoratori. Ciò non giustifica il regime fiscale agevolato.

Molti vantaggi attesi: per i dipendenti, date le soluzioni che ne migliorano soddisfazioni sul lavoro e vita; per le aziende, beneficiarie degli aumenti produttività che ne dovrebbero scaturire; per lo Stato, data la funzione integrativa e sussidiaria del welfare aziendale rispetto alle politiche pubbliche.

Ma non mancano le sfide. Queste soluzioni sono più diffuse in una parte del sistema produttivo, quello più dinamico e moderno, quindi serve in primo luogo evitare la segmentazione. Per contrastare il dualismo tra grandi e piccole aziende, è positiva l’estensione delle agevolazioni anche alle piccole che aderiscono a schemi di accordi negoziali territoriali.

Per massimizzare i ritorni sociali, vanno promosse le coalizioni di attori (aziende, enti territoriali e associazioni di volontariato) affinché il welfare aziendale si traduca in opportunità di sviluppo dell’economia locale e della rete dei servizi offerti sul territorio a tutti i cittadini.

Rassegna stampa del 19 novembre: “L’Economia” del Corriere della Sera.