Welfare aziendale per l’amministratore unico? No, se percepisce un reddito assimilato al lavoratore dipendente

Secondo l’Agenzia delle Entrate l’amministratore unico di società che percepisce reddito assimilato a quello di lavoro dipendente non può usufruire dei benefici fiscali del welfare aziendale.

La Direzione Centrale Normativa, con risposta ad interpello n. 954-1535/2017 del 22 dicembre 2017, ha infatti escluso che i contributi assistenziali versati da una società di capitali a favore del proprio amministratore unico possano rientrare nell’ambito applicativo di non imponibilità reddituale fissato dal comma 2 dell’art. 51 del TUIR.

L’istante ha evidenziato di aver predisposto un regolamento aziendale che prevede, a favore degli amministratori della società, l’iscrizione ad una cassa avente esclusivamente finalità assistenziale con contribuzione interamente a suo carico. Considerato che al momento dell’interpello la gestione societaria risulta affidata ad un amministratore unico, è stato chiesto se nella fattispecie risulta applicabile il disposto della lettera a), comma 2 dell’art. 51 del TUIR, secondo cui non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente “i contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro o dal lavoratore ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale, che operino negli ambiti di intervento stabiliti con il decreto del Ministro della salute di cui all’articolo 10, comma 1, lettera e-ter), per un importo non superiore complessivamente ad euro 3.615,20”.

L’Agenzia delle Entrate risponde negativamente in quanto la categoria dei beneficiari delineata dal regolamento aziendale è costituita dal solo amministratore unico. Secondo la Direzione Centrale Normativa l’inciso “in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale” implica che i contributi devono essere versati in favore della generalità dei dipendenti o di categorie omogenee e non siano invece riservati “ad personam”. Infatti, i contratti, gli accordi e i regolamenti aziendali sono atti adottati per disciplinare in modo uniforme condizioni applicabili alla generalità di dipendenti o a categorie di essi e non per definire condizioni riferibili ad un solo soggetto. Risultano pertanto esclusi i contratti individuali di lavoro. Detto in altre parole: se la società istante anziché essere gestita da un amministratore unico fosse amministrata da un Consiglio composto da due o più soggetti, le agevolazioni fiscali sarebbero applicabili. Insomma uno no, due sì.

Claudio Della Monica
Consulente del Lavoro – Della Monica & Partners srl STP