Doppio vantaggio fiscale se il premio diventa pensione

Doppio vantaggio fiscale in caso di conversione del premio di risultato con contributi alle forme pensionistiche complementari.

Come evidenziato dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 5/E del 29 marzo 2018, la legge di Bilancio 2017 ha introdotto misure di particolare favore nelle ipotesi in cui il premio di risultato in denaro sia sostituito, su scelta del dipendente, con contributi da versarsi alla previdenza complementare.

Si premette che l’art. 8, commi 4 e 6, del Dlgs n. 252/2005 (“Disciplina delle forme pensionistiche complementari”) fissa una prima soglia di esenzione fiscale fino a 5.164,57 euro annui, nel senso che entro tale limite complessivo i versamenti eseguiti alla previdenza complementare non costituiscono reddito di lavoro dipendente, se effettuati dal datore di lavoro, mentre sono deducibili dal proprio reddito personale se eseguiti dal dipendente. Il valore di 5.164,57 è peraltro incrementato a euro 7.746,86, limitatamente ai primi cinque anni di contribuzione, per i lavoratori di prima occupazione dal 1.1.1996.

Ebbene, il primo vantaggio della conversione del premio di risultato con contributi alle forme pensionistiche complementari è che, in detta ipotesi, questi ultimi non concorrono al raggiungimento della soglia dei 5.164,57 euro annui. In altre parole, sono “neutri” ai fini del limite di esenzione fiscale.

In definitiva, posto che l’entità massima di premio di risultato “welfarerizzabile” è pari a 3.000,00 euro annui (che possono arrivare a 4.000,00 a certe particolari condizioni), il dipendente può arrivare a godere di una soglia di esenzione di imposta fino a 8.164,57 euro, cioè 5.164,57 + 3.000,00 (oppure 9.164,57, cioè 5.164,57 + 4.000,00).

Il secondo vantaggio, notevolissimo, è che i contributi versati “in conversione” alla previdenza complementare conservano l’esenzione fiscale anche della relativa prestazione pensionistica. Infatti la legge di Bilancio 2017, disponendo una deroga al principio generale che prevede l’imponibilità delle prestazioni pensionistiche complementari per il loro ammontare complessivo al netto dei contributi non dedotti, prevede espressamente che i contributi versati in sostituzione dei premi di risultato siano comunque dedotti dalla base imponibile pensionistica, come se “a monte” avessero costituito reddito di lavoro dipendente (se versati dal datore di lavoro) o fossero stati indeducibili dal reddito personale (se versati dal dipendente).

Analogo beneficio si applica in caso di erogazione di anticipazioni o di riscatto della quota maturata nella previdenza complementare.

Claudio Della Monica
Consulente del Lavoro – Della Monica & Partners srl STP