Welfare aziendale e detassazione: i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate sull’Assistenza sanitaria

Il versamento di contributi di assistenza sanitaria da parte del datore di lavoro o del lavoratore ad Enti o Casse con determinati requisiti e in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale non concorre a formare il reddito di lavoro dipendente fino all’importo complessivo annuo di euro 3.615,20.

Questo vuol dire che l’iscrizione ad una Cassa di assistenza sanitaria effettuata dal datore di lavoro a favore dei propri dipendenti consente ai beneficiari il rimborso da parte della Cassa stessa delle spese sanitarie sostenute senza alcun aggravio fiscale. In questo caso, il datore di lavoro è tenuto unicamente al versamento all’Inps di un contributo di solidarietà del 10% sui premi pagati alla Cassa.

Viceversa, il rimborso diretto da parte del datore di lavoro di spese sanitarie sostenute dal lavoratore – senza cioè il tramite di una Cassa di assistenza sanitaria – concorre a formare il reddito di lavoro dipendente e quindi detto rimborso risulta soggetto all’ordinaria tassazione contributiva e fiscale a carico sia dell’Azienda che del dipendente. È quanto emerge dalla risposta a interpello 285 del 19 luglio 2019 rilasciata dall’Agenzia delle Entrate.

Dal punto di vista del datore di lavoro risulta evidente il vantaggio contributivo e fiscale dell’iscrizione alla Cassa sanitaria: ad esempio a fronte di un premio di euro 2.000,00 annui versati a favore del proprio dipendente, sosterebbe un costo complessivo pari a euro 2.200,00 (2.000,00 più il contributo di solidarietà del 10%). Inoltre il dipendente non subirebbe alcuna trattenuta fiscale, né in relazione al premio versato dal datore di lavoro, né al momento del rimborso della spesa sanitaria sostenuta.

Infine, il datore di lavoro – in presenza di un contratto o di accordo o di regolamento aziendale – avrebbe la possibilità di dedurre l’intero costo dal reddito di impresa quale componente del reddito da lavoro. Invece, in caso di rimborso diretto al lavoratore dei 2.000,00 euro di spese sanitarie sostenute, il costo per il datore di lavoro ammonterebbe a più di 2.700,00 euro (2.000,00 più contributi ordinari più TFR), mentre il dipendente sui 2.000,00 euro ottenuti a rimborso subirebbe una ritenuta fiscale in busta paga che oscilla tra il 30 e il 40% di tassazione fiscale e contributiva, in funzione dello scaglione fiscale in cui si colloca il proprio reddito complessivo.

A livello di dichiarazione dei redditi personale, nel caso di iscrizione alla Cassa il lavoratore non beneficerebbe della detrazione del 19% delle spese mediche sostenute relativamente alla quota rimborsata dalla Cassa. Nel secondo caso, invece, detrarrebbe le spese mediche sostenute perché il rimborso delle stesse è stato già tassato in busta paga.

Claudio Della Monica
Consulente del Lavoro – Della Monica & Partners srl STP