In ambito conciliazione vita e lavoro, le iniziative di flessibilità organizzativa sono quelle più diffuse, praticate dal 36% delle PMI.
È un ambito che ha visto una forte accelerazione negli ultimi anni: nel 2016 solo il 16% delle PMI prevedevano questo tipo di iniziative. Si tratta soprattutto del superamento della rigidità dell’orario lavorativo con l’introduzione di regole più flessibili rispetto a quanto previsto dai CCNL: 34,1% delle PMI.
Tali misure possono essere oggetto di un accordo o di un regolamento aziendale, oppure soprattutto nelle PMI più piccole e meno strutturate, sono attuate in maniera più informale per fare fronte alle esigenze familiari specifiche dei singoli lavoratori.
Non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente i contributi e i premi versati dal datore di lavoro a favore della generalità dei dipendenti o di categorie di dipendenti per prestazioni, anche in forma assicurativa, aventi per oggetto il rischio di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana o aventi per oggetto il rischio di gravi patologie.
È quanto previsto dall’articolo 1, comma 161, della legge di Bilancio 2017, che inserisce al comma 2 dell’art. 51 del TUIR una nuova ipotesi di benefit detassato prevista dalla nuova lettera f-quater, nonchè dai successivi chiarimenti contenuti nella circolare n. 5 del 29 marzo 2018 da parte dell’Agenzia delle Entrate. Sono riconducibili alla prima tipologia le polizze dirette a garantire una copertura assicurativa per stati di non autosufficienza del dipendente che richiedono generalmente il sostenimento di spese per lunga degenza (cd polizze “Long Term Care”).
Appartengono invece alla seconda categoria le polizze dirette a garantire una copertura assicurativa contro il rischio di insorgenza di malattie particolarmente gravi (cd polizze “Dread Disease”). Relativamente alla stipula di polizze “Long Term Care”, i soggetti considerati non autosufficienti sono coloro che non sono in grado di compiere gli atti della vita quotidiana quali, ad esempio, assumere alimenti, espletare le funzioni fisiologiche e provvedere all'igiene personale, deambulare, indossare gli indumenti. Inoltre, deve essere considerata non autosufficiente la persona che necessita di sorveglianza continuativa. Invece, per le polizze Dread Disease, mancando indicazioni normative volte a delimitare il contenuto delle “gravi patologie”, è possibile fare riferimento all’elenco delle malattie professionali per le quali è obbligatoria la denuncia all’Ispettorato del lavoro. Prima dell’entrata in vigore della legge di Bilancio 2017 i contributi o premi versati dal datore di lavoro per garantire ai dipendenti una copertura assicurativa del tipo Long Term Care o Dread Disease costituivano reddito di lavoro dipendente sul quale calcolare contributi previdenziali e irpef, a meno che detti contributi o premi non fossero annualmente inferiori all’importo di euro 258,23 (art. 51, comma 3, TUIR) e a condizione che il datore di lavoro non avesse già garantito ai dipendenti interessati altri beni o servizi generici di valore pari o superiore alla predetta franchigia. Sulla base della circolare n. 5, l’utilizzo, da parte del legislatore dei termini “contributi e premi” senza altra specificazione, porta a ritenere che la lettera f-quater) trovi applicazione anche nelle ipotesi in cui i contributi siano versati ad enti o casse non aventi i requisiti di cui alla lettera a) del comma 2 dell’art. 51 TUIR, o a fondi sanitari non iscritti all’anagrafe, nonché ad enti bilaterali. L’Agenzia delle Entrate specifica inoltre che la non concorrenza al reddito di lavoro dipendente prevista per i contributi versati ai sensi della lettera f-quater) si realizza sempreché gli stessi siano destinati all’erogazione di prestazioni in favore del dipendente e non anche dei suoi familiari, a prescindere se a carico o meno. Pertanto, laddove la polizza garantisca prestazioni sia al dipendente che ai familiari, occorrerà scorporare la quota riferita alla posizione dei familiari, che potrebbe costituire reddito di lavoro dipendente salva la franchigia di euro 258,23 di cui si è già detto. Altra condizione da rispettare ai fini della non concorrenza al reddito è costituita dalla circostanza che il versamento del premio o del contributo venga eseguito dal datore di lavoro in favore della generalità o di categorie di dipendenti e non “ad personam”.
Claudio Della Monica
Consulente del Lavoro – Della Monica & Partners srl STP
Il sostegno all’istruzione di figli e familiari è stato individuato come uno degli ambiti fiscalmente incentivati per interventi di welfare aziendale fin dalla Legge di Stabilità del 2016.
Le imprese possono così giocare un ruolo importante nel sostenere i percorsi di formazione e crescita dei giovani in vari modi: aiutando economicamente le famiglie a sostenere le spese per l’istruzione dei figli; supportando la formazione dei lavoratori più giovani; realizzando iniziative di orientamento e inserimento (stage, alternanza scuolalavoro, borse di studio…) anche con il concorso del sistema scolastico e universitario.
Attualmente solo il 4,2% delle PMI italiane hanno attivato iniziative di questo tipo, ma sono in netta crescita: nel 2016 la quota era soltanto dell’1%, nel 2017 e 2018 del 2,7%. Il rimborso delle spese di iscrizione e di rette è il supporto più diffuso: 1,5% per le scuole materne, 2,0% per le scuole primarie e secondarie, 1,3% per l’università. Alcune PMI offrono rimborsi per l’acquisto di libri e materiali didattici (1,9%), per viaggi di studio e istruzione (0,7%) o per gli altri servizi connessi alla scuola come trasporto e pasti fuori casa (0,9%).
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