Studio Aversano Piermassimo, il tempo delle donne

“Gestiscono in autonomia i propri orari perché ho la massima fiducia e so che il loro lavoro lo faranno benissimo.”

Piermassimo Aversano, titolare

➟ Obiettivo delle iniziative: conciliazione tempi di vita e lavoro, migliorare il benessere organizzativo, sostegno alla maternità.

In questo studio professionale i dipendenti sono tutte donne e i legami sono molto forti perché ogni giorno si lavora fianco a fianco. Il clima è affiatato, una vera e propria squadra.

Massima attenzione è stata data all’equilibrio soddisfacente tra vita privata e professionale. Sono le dipendenti stesse a scegliere liberamente le ferie. Inoltre, con tre delle collaboratrici con figli piccoli, lo studio lascia anche assoluta autonomia nella gestione dei propri orari in ingresso e uscita.

Totale fiducia significa anche responsabilizzazione e questa politica risponde alla ferma convinzione che le persone debbano essere al centro della politica aziendale, come fattore di crescita e competitività. Negli anni è stato sperimentato con ottimi risultati lo smart-working anche per una neo-mamma che aveva necessità di stare a casa vicino al bambino e la collaboratrice ha lavorato da casa per ben un anno.

Con tutte le collaboratrici donne, il tema della maternità è centrale e viene affrontato con la massima serenità e disponibilità possibili. Inoltre, lo studio offre assistenza sanitaria integrativa non solo per i dipendenti ma anche per i familiari.

Infine, è stata sottoscritta una polizza aziendale infortuni ed è stata attivata una convenzione con una casa di cura di Pistoia dove le collaboratrici possono effettuare esami medici a prezzi calmierati.

Gruppo C.I.A., l’importanza della squadra

“Solo se i dipendenti sono soddisfatti dal punto di vista economico, logistico e del clima aziendale, possiamo garantire al committente un ottimo servizio.”

Andrea Cantoni, titolare

➟ Obiettivo delle iniziative: coinvolgimento e coesione dei dipendenti, garantire alta qualità del servizio e sicurezza sul posto di lavoro.

La formazione e la sicurezza sono i due punti cardine del sistema di welfare del Gruppo C.I.A. (consulenza industriale e applicata).

I collaboratori partecipano a numerosi corsi per poter essere costantemente aggiornati e offrire servizi di alto livello professionale. Allo stesso tempo molta importanza viene data alla formazione in ambito sicurezza in modo da ridurre i rischi connessi al tipo di lavoro.

La formazione è anche il collante del gruppo, di cui fanno parte numerosi lavoratori stranieri e proprio a loro è dedicata la realizzazione, a partire dai prossimi mesi, di un percorso più strutturato di formazione linguistica e culturale attraverso una serie di incontri, che si terranno la sera dopo il lavoro, dove verrà insegnata la lingua e la cultura italiana.

Un forte spirito di squadra tra collaboratori è un aspetto molto importante in questo settore, dove la conoscenza passa non solo attraverso le procedure codificate ma anche attraverso i contatti e le relazioni personali. Per rafforzare i legami tra colleghi ci sono momenti ed iniziative ricreative ad hoc. Alcuni mesi fa, ad esempio, è stata organizzata una trasferta culturale a Firenze che ha riscosso grande successo tra gli operai.

Sono inoltre attive altre facilitazioni: supporto in tutte le pratiche ed incombenze burocratiche, come l’iscrizione dei figli all’asilo o a scuola. Si cerca di venire incontro alle esigenze dei singoli operai attraverso la flessibilità oraria e la logistica degli spostamenti.

Nel corso degli anni, infatti, il Gruppo ha molto allargato il proprio raggio di azione e ha realizzato lavori anche lontano dalla sede, ad esempio in questo momento diversi operai sono impegnati nelle zone terremotate del Centro Italia.

Rapporto 2017: trasformazione sociale e bisogni di welfare

Se il dibattito sulla riforma del welfare negli ultimi trent’anni è stato centrato principalmente sullo squilibrio finanziario delle grandi istituzioni pubbliche, pensioni e sanità, oggi, in uno scenario di prolungata instabilità economica, la questione emergente è la crescente fragilità sociale del paese.

Certamente pesa sulla fragilità sociale la riduzione dei livelli di copertura del welfare pubblico. Negli ultimi mesi numerosi studi e autorevoli interventi hanno fornito contributi su questo tema. Il presidente dell’INPS Boeri ha evidenziato il rischio sociale derivante dalla maturazione per le giovani generazioni di redditi pensionistici molto inferiori alle attese e non adeguatamente integrati dalla previdenza complementare.

Per quanto riguarda la sanità si allarga il fenomeno della rinuncia alla cura: secondo una ricerca del CENSIS sono 11 milioni le persone che nel corso dell’anno hanno rinunciato o rinviato il ricorso a prestazioni sanitarie. Osservasalute, l’osservatorio sulla salute nelle regioni, ha denunciato una riduzione dei livelli di prevenzione e segnalato che nel 2015 per la prima volta le aspettative di vita degli italiani sono calate, pur restando tra le più alte nel mondo: 80,1 anni per gli uomini e 84,7 per le donne.

Ma la fragilità sociale è destinata ad aumentare anche e soprattutto per la frammentazione della società, determinata da profonde trasformazioni demografiche e socioculturali. Il punto chiave è l’indebolimento della famiglia come prima e fondamentale rete sociale di protezione. Oggi quasi un terzo delle famiglie italiane sono costituite da un solo componente, e una quota simile, vicina al 30%, è costituita dagli anziani che vivono soli. La coesione tra le generazioni è indebolita, se non compromessa, già nelle strutture di base della società.

L’evoluzione dei modelli famigliari ha subìto una forte accelerazione. È in aumento la mobilità delle scelte di vita personali: il tasso di separazione ha superato la quota di un terzo ed è raddoppiato rispetto agli anni ’90. Nel 2016 il 28% dei figli sono nati fuori del matrimonio.

Un recente studio dell’ISTAT ha permesso di misurare le nuove forme famigliari: si tratta di 8 milioni di famiglie diverse dalla tradizionale condizione matrimoniale, al cui interno vivono il 22% degli italiani. È importante ricordare che il ritardo normativo con cui il nostro paese tutela le nuove forme famigliari è anch’esso un problema di welfare. Anche sotto questo punto di vista il 2016 è stato un anno di svolta, con l’approvazione della legge sulle unioni civili e sulle coppie di fatto.

 

La propensione al risparmio, che in realtà misura la capacità di risparmio delle famiglie, dopo il ciclo recessivo 2008 – 2012 è in ripresa ma resta stabilmente inferiore al 10%, circa la metà del livello degli anni ’90. Per gran parte delle famiglie è compromessa la capacità di costruire o ricostruire, con il risparmio, una condizione patrimoniale di sicurezza a lungo termine. Tra gli indicatori di fragilità sociale del paese sono particolarmente importanti i tassi di dipendenza, che misurano il rapporto tra segmenti non attivi e segmenti attivi della popolazione.

I trend demografici sono alla base delle trasformazioni sociali di lungo termine. In particolar modo l’invecchiamento ha determinato un rapido aumento dell’indice strutturale di dipendenza, costituito dal rapporto tra la popolazione in età non attiva e la popolazione in età attiva (15 – 64 anni). Esso era ancora inferiore al 50% nei primi anni 2000, mentre nel 2016 ha superato il 55%.

Ma il cambiamento demografico è solamente una delle componenti che incidono sui livelli di dipendenza sociale, ovvero di esclusione dal lavoro di segmenti della popolazione anche in età attiva. Pesano fattori che hanno a che fare con le difficoltà del mercato del lavoro, con l’inadeguatezza dei servizi sociali alle famiglie e alle imprese, ma anche con limitazioni di carattere culturale, i quali determinano le nostre aree di più grave debolezza sociale:

le difficoltà e il ritardo nell’accesso dei giovani al lavoro;

l’esclusione delle donne dal lavoro e dalla mobilità sociale.

L’occupazione giovanile nel 2016 è migliorata di un punto sull’anno precedente e di quasi cinque punti in due anni, essendo passata dal 42,7% del 2014 al 37,5% del 2016 (dati al terzo trimestre). Hanno certamente inciso positivamente le nuove norme che regolano l’ingresso nel mercato del lavoro e gli incentivi alle assunzioni, accanto al lieve miglioramento del quadro economico generale. Ma il gap verso i paesi europei resta pesantissimo.

L’Eurostat segnala che la disoccupazione giovanile italiana è doppia rispetto alla media europea. Questi dati mettono in particolare rilievo la differenza rispetto al dinamismo del mercato del lavoro tedesco, che fu profondamente riformato nei primi anni 2000 e che oggi vanta un tasso di disoccupazione giovanile del 7%. L’esclusione delle donne dal lavoro resta un fenomeno stabile, senza alcun segnale di miglioramento.

Nel nostro paese sono occupati due uomini su tre in età lavorativa (15 – 64 anni) e meno di una donna su due. Negli ultimi tre anni, dall’inizio del 2014 alla fine del 2016, la differenza tra tasso di occupazione maschile e femminile è rimasta stabile ed anzi ha subito un lieve peggioramento, passando da 17,8 punti a 18,4. Questa è la misura della esclusione delle donne dal lavoro: circa il 18% delle donne in età lavorativa, un numero prossimo a 4 milioni di persone.

A conclusione di questo sintetico esame del rapporto tra fragilità sociale e livelli di occupazione ci pare utile considerare la struttura generale del nostro paese per condizione professionale. Su una popolazione di 60,7 milioni di persone gli occupati sono 22,5 milioni (il 37% del totale), per tre quarti dipendenti e per un quarto imprenditori e lavoratori autonomi. Queste cifre danno sinteticamente un’idea di quanto le strozzature del mercato del lavoro pesino sulla sostenibilità economica e sociale del paese.

La forza lavoro è costituita da 25,6 milioni di persone, di cui 3 milioni disoccupati. I pensionati sono 15,7 milioni, il 26% della popolazione totale. Abbiamo quindi un pensionato ogni 1,6 lavoratori attivi (considerando anche i disoccupati) e un pensionato ogni 1,4 lavoratori occupati. Come conseguenza di numerosi interventi normativi sulle pensioni, e in modo particolare della riforma del 2011, il numero dei pensionati residenti è diminuito in tre anni di 400.000 unità, passando da 16,1 milioni nel 2012 a 15,7 milioni nel 2015.

Dal punto di vista delle casse previdenziali le pensioni sono un costo, e l’equilibrio tra pensionati e lavoratori attivi è fondamentale per la sostenibilità delle istituzioni del welfare. Ma dal punto di vista delle famiglie le pensioni sono un reddito e, come abbiamo osservato all’inizio di questo paragrafo, l’adeguatezza dei redditi pensionistici è determinante per la coesione sociale. In un paese con un pensionato ogni quattro abitanti, nel quale le pensioni danno un contributo importante alla capacità di spesa delle famiglie, i redditi da pensione sono decisivi anche per la sostenibilità delle imprese.

Nelle due recessioni recenti, quella del 2008-2009 e quella del 2011-2012, il welfare ha funzionato da stabilizzatore, impedendo fenomeni massivi di impoverimento ed evitando un crollo del livello dei consumi. C’è da chiedersi quali sarebbero le conseguenze di crisi analoghe in un futuro caratterizzato da redditi pensionistici molto più bassi e da livelli inferiori di copertura gratuita di servizi essenziali come la sanità e l’istruzione. Il welfare è fondamentale per la tenuta del paese, ma le sue prestazioni sono tuttora quasi esclusivamente a carico dei sistemi pubblici. È quindi urgente la necessità di accrescere il contributo integrativo privato, anche con le iniziative di welfare aziendale.

Tabella 18

La tabella 18 mostra un mercato del lavoro dinamico, nonostante nell’ultimo anno i trend molto positivi del 2015, sostenuti da incentivi alle assunzioni, abbiano subito un rallentamento. Il sistema produttivo nel 2016 ha effettuato 5,8 milioni di assunzioni con un saldo positivo, rispetto alle cessazioni, di 340.000 unità.

Le assunzioni a tempo indeterminato sono state 1,3 milioni, le trasformazioni da contratti a termine a contratti a tempo indeterminato 460.000, e anche in questo caso, rispetto alle cessazioni, il saldo è risultato positivo benché in minima misura: 80.000 unità. Con la riforma del mercato del lavoro il paese ha avviato un cambiamento di paradigma che comporta un percorso di attuazione molto lungo, poiché prevede l’attivazione di nuovi istituti di sostegno alla mobilità e la progressiva sostituzione dei precedenti istituti, e richiede l’iniziativa di tutti i soggetti interessati: le imprese, i lavoratori, le rappresentanze sociali, le istituzioni pubbliche.

Le politiche di sostegno alla mobilità del lavoro si articolano su diversi livelli: facilitare l’accesso dei giovani, promuovere la stabilizzazione dei rapporti di lavoro e l’adeguamento professionale continuo, sostenere il reddito dei disoccupati e la qualificazione verso nuove posizioni, nel caso di perdita del lavoro. In questo nuovo contesto il welfare aziendale gioca un ruolo importante a sostegno della mobilità sociale e della mobilità del lavoro. Infatti comprende iniziative a favore delle famiglie per favorire l’istruzione dei figli e la mobilità sociale delle nuove generazioni, iniziative per la formazione dei lavoratori, soluzioni di flessibilità nell’organizzazione del lavoro, servizi per la maternità e per il sostegno delle pari opportunità, supporti per i soggetti deboli.

L’invecchiamento delle popolazioni aziendali e le difficoltà di accesso dei giovani al lavoro, hanno posto all’ordine del giorno la necessità di definire politiche attive di sostegno al ricambio generazionale. Gli accordi di solidarietà generazionale attuati in alcune aziende, basati sulla riduzione incentivata degli orari di lavoro per gli anziani e l’impegno delle imprese all’assunzione di giovani lavoratori, sono iniziative di welfare aziendale che costituiscono modelli avanzati per una possibile generalizzazione contrattuale e legislativa.

In conclusione, il welfare aziendale si confronta con una duplice sfida: accelerare l’integrazione delle prestazioni del welfare pubblico e offrire soluzione ai nuovi bisogni. Resta infatti aperta la necessità di dare maggiore efficienza agli istituti del welfare pubblico: pensioni, sanità, servizi. Il welfare aziendale, integrandone le prestazioni, offre un contributo importante in questa direzione e può permettere un alleggerimento della spesa pubblica.

D’altro canto l’attualità del welfare aziendale è imposta dalle trasformazioni sociali che abbiamo esaminato:

• il cambiamento della famiglia, indebolita nella sua funzione di assicurare la coesione sociale tra le generazioni;

• il crescente peso delle dipendenze sociali e delle esclusioni;

• il cambiamento del mercato del lavoro, che comporta una domanda di sostegno alla mobilità e alla qualificazione delle generazioni attuali e future.

Queste trasformazioni generano bisogni molteplici, distribuiti in modo difforme nel territorio e differenziati tra gli stessi lavoratori secondo le condizioni familiari e le fasi di vita di ognuno. Ciò rende impossibile pensare a soluzioni universali. I valori guida del welfare aziendale sono la flessibilità dei piani aziendali e la possibilità di personalizzare le soluzioni per ogni lavoratore.

Estratto dal Rapporto 2017 di Welfare Index PMI

Thun Logistics, l’ambiente di lavoro comincia dagli spazi

“Ci siamo dotati di strumenti continuativi di ascolto e coinvolgimento dei dipendenti e anche di servizi di informazione sulle diverse opportunità di welfare, in particolare una intranet aziendale.”

Monica Didonè, responsabile risorse umane

➟ Obiettivo delle iniziative: migliorare il benessere dei dipendenti, conciliazione tempi di vita e lavoro.

Thun Logistics pone grande attenzione alle risorse umane e per attivare politiche di welfare ancora più strutturate ha stretto un’alleanza con altre 7 imprese e 3 enti pubblici, promuovendo la strategia dell’aggregazione sul territorio.

L’azienda è convinta che un luogo di lavoro bello e piacevole aumenti il benessere e la produttività dei propri collaboratori. Per questo tutti gli ambienti sono stati progettati secondo i principi feng-shui, antica arte cinese che insegna ad organizzare lo spazio in modo armonico e benefico per la salute fisica e mentale. Inoltre, è stata allestita un’area relax molto colorata per favorire le relazioni. Tutti gli spazi sono pensati per accrescere le possibilità di interagire e comunicare in un ambiente confortevole e bello.

Molta attenzione anche al tema della maternità, grazie ad un progetto specifico, denominato NOR.MA.LE – New way to organize maternity leave, nato con l’obiettivo di favorire il benessere delle neo-mamme, supportandole in questa tappa importante. Si tratta sostanzialmente di un piano di accompagnamento che parte dal momento della notizia della gravidanza e arriva fino al rientro con un reinserimento graduale e orari flessibili, concessione del part-time in tutti i casi in cui è possibile e molto altro. Nel 2016 è stato avviato anche un progetto pilota legato allo smart-working che ha coinvolto un numero importante di collaboratori.

Infine, corsi di formazione e un progetto dedicato all’educazione e sensibilizzazione sui temi della salute e sicurezza.

Agrimad Società Agricola, la comunità al centro dell’impresa

“In un territorio svantaggiato e i paesi ormai abbandonati, creiamo la passione per questo lavoro, in modo da sviluppare anche occupazione.”

 Ernesto Madeo, titolare

 Obiettivo delle iniziative: formazione di personale qualificato, fidelizzazione dei propri collaboratori, sviluppo del territorio.

Agrimad Società Agricola, ha scelto di mettere la comunità al centro dell’impresa. Questa strategia ha permesso politiche occupazionali in una zona con elevato tasso migratorio. La media è di 30-35 dipendenti con picchi che superano i 50.

Fondamentale il rapporto con il territorio e con il capitale umano: la maggior parte dei lavoratori proviene dal paese di San Demetrio Corone o da zone limitrofe e l’azienda assume spesso entrambi i coniugi o familiari dei dipendenti.

L’azienda, inoltre, pone grandissima attenzione ai giovani, con l’obiettivo di trasmettere la passione per il lavoro agricolo e ha attivato corsi di formazione non solo per i propri collaboratori, ma anche per i figli dei dipendenti, in modo da favorire il trasferimento delle competenze nell’ambito agricolo e raggiungendo anche l’obiettivo di far sentire ciascuno un elemento fondamentale della filiera.

Il coinvolgimento in azienda di coniugi e di più di una generazione per famiglia garantisce la continuità di un mestiere e l’occupazione in un territorio svantaggiato. A partire dal 1990, l’azienda ha iniziato il lavoro di ricerca sul suino nero di Calabria nelle aree della Sila greca e Aspromonte e, dopo un lungo percorso di selezione e recupero della genetica originaria che si era estinta nel 2010 e ha brevettato il processo di lavorazione della razza, diventando uno degli allevamenti di suino nero calabrese più importanti d’Italia.

Infine, ogni anno vengono organizzati incontri che uniscono la condivisione di risultati e obiettivi, a momenti conviviali che coinvolgono tutta l’azienda.

Welfare a portata di PMI: soddisfazione, benessere, produttività

INTERVISTA AD ALBERTO BABAN, PRESIDENTE PICCOLA INDUSTRIA CONFINDUSTRIA

Negli ultimi anni si è sviluppata una sempre maggiore consapevolezza in materia di welfare aziendale, anche nelle piccole e medie imprese, favorita da una serie di opportunità fiscali offerte dalle ultime due leggi di stabilità. Il presidente di Piccola Industria Confindustria, Alberto Baban, spiega come questo concetto si è evoluto e come è stato declinato soprattutto nel mondo delle pmi.

Baban, Presidente Piccola Industria di Confindustria

Il welfare aziendale è ancora appannaggio solo delle grandi aziende?
L’attenzione verso il benessere dei collaboratori è sempre esistito anche nelle piccole imprese, magari con un’impostazione meno strutturata rispetto alle aziende di grandi dimensioni. In passato il welfare integrativo era diffuso soprattutto nelle realtà più ampie, come benefit per i lavoratori. Negli ultimi anni la contrattazione è intervenuta su questi temi in modo più significativo, sia a livello di categoria che aziendale.

Nelle pmi – che sono in realtà delle piccole comunità formate dall’imprenditore e dai suoi collaboratori, dove le relazioni sono molto forti – questa cultura è presente da sempre, considerata quasi un’estensione stessa delle attività lavorative. In altre parole, quello che prima chiamavamo “familiarità” e rapporti interpersonali, oggi iniziamo a definirlo welfare.

Quali sono le peculiarità delle pmi che possono incidere anche sui piani di welfare?
La piccola industria è al suo interno molto varia, ogni singola azienda ha degli elementi distintivi dovuti non soltanto alla classe dimensionale
o al settore di appartenenza, ma legati al territorio e alle caratteristiche della popolazione aziendale. Le nuove norme che favoriscono il welfare permettono a molte pmi di utilizzare questi servizi a beneficio del sistema impresa, definendo l’offerta in modo sartoriale in relazione ai bisogni delle singole realtà aziendali.

Conoscere tutti i vantaggi fiscali è importante ma non sufficiente. Serve una nuova consapevolezza sul piano culturale.

 

La limitata conoscenza degli aspetti fiscali e normativi è un ostacolo nell’attivazione dei piani di welfare aziendale?
La conoscenza delle opportunità offerte può essere migliorata. Nella piccola industria di solito è tutto in mano all’imprenditore o al titolare, che ricopre anche il ruolo di responsabile delle risorse umane. Quindi può essere difficile riuscire a intercettare tutte le possibilità disponibili. Inoltre, la conoscenza dei vantaggi fiscali del welfare aziendale da sola non basta; per “scaricare a terra” tutte le potenzialità delle iniziative di welfare deve essere accompagnata anche da una nuova consapevolezza sul piano culturale.

Qual è la sfida di oggi?
È cruciale l’avvicinamento delle piccole e medie imprese al concetto di welfare come elemento di competitività. Non dobbiamo dimenticare che migliorare il welfare in azienda è un aiuto anche alla produttività e soprattutto alimenta il patto sociale all’interno dell’impresa, distribuendo il successo tra tutti coloro che partecipano alla vita dell’azienda, dal dirigente al dipendente.

In che modo le novità dell’ultima legge di stabilità hanno reso più fruibile l’offerta di welfare?
In realtà questo cambio culturale era già in atto negli ultimi anni. Le novità introdotte dalla normativa hanno stimolato l’attenzione verso
il tema del welfare perché non vengono informati solo gli imprenditori, ma tutto il mondo che sta intorno, con il vantaggio che si parli in maniera sempre più diffusa di questi nuovi modelli di impresa.

Confindustria ha preso parte al Welfare Index PMI fin da subito. In che modo questo progetto può contribuire al cambiamento culturale nelle pmi?
Siamo da sempre molto attenti al tema del welfare aziendale, sono state proprio le imprese i precursori in questo settore. Non bisogna dimenticare il ruolo svolto da Confindustria nel dialogo con le parti sociali, soprattutto per promuovere la diffusione delle iniziative di previdenza complementare e sanità integrativa, che ancora oggi trovano il loro territorio ideale nei contratti di categoria. In questo contesto il Welfare Index PMI è per noi importante perché contribuisce ad analizzare con un livello di grande dettaglio il fenomeno del welfare aziendale nel panorama delle pmi italiane e, inoltre, favorisce sul piano culturale un avvicinamento del mondo delle piccole imprese al concetto di welfare come elemento di competitività. È, infatti, grazie allo strumento dell’autovalutazione della singola impresa rispetto ai benchmark di settore che l’imprenditore è in grado di individuare il suo posizionamento competitivo.

 

Soddisfazione, benessere, produttività

Il welfare aziendale non è più solo per multinazionali. È quanto emerge dai risultati della seconda edizione del rapporto Welfare Index PMI, promosso da Generali Italia con la partecipazione di Confindustria, Confagricoltura, Confartigianato e Confprofessioni, presentata a Roma il 28 marzo all’Università Luiss Guido Carli.

La ricerca è stata condotta da Innovation Team e ha compreso cinque settori produttivi: agricoltura, industria, artigianato, commercio e servizi, studi e servizi professionali più il Terzo settore. Le 3.422 aziende intervistate sono state raggruppate in cinque classi, con valore crescente da 1W a 5W, in base al rating Welfare Index PMI, un innovativo strumento che permette alle imprese di identificare e comunicare in modo immediato il proprio livello di welfare. Sono state considerate 12 aree di welfare aziendale e in questa edizione sono state premiate 22 imprese, insignite del riconoscimento 5W. Sono storie di eccellenza, aziende che hanno creduto nel valore del welfare aziendale e che propongono numerose soluzioni per i propri collaboratori.

Dallo studio è emerso che “migliorare la soddisfazione dei lavoratori e il benessere aziendale”, “incentivare la produttività del lavoro” e “fidelizzare i propri dipendenti” sono gli obiettivi principali delle pmi. Solo il 4,4% del campione analizzato, inoltre, dichiara di “sostenere costi aggiuntivi rilevanti” per proporre soluzioni di welfare aziendale. A fronte di quanto erogato, i risultati più rilevanti sono individuati nel “miglioramento dell’immagine aziendale” e nella “fidelizzazione” e “soddisfazione” dei lavoratori.

Il maggior ostacolo rimane ancora quello della conoscenza delle opportunità, sia in merito alla consapevolezza delle norme e degli strumenti, che rispetto alla disponibilità, all’interno delle pmi, delle competenze professionali specialistiche. Nel complesso i risultati non stupiscono: nelle piccole e medie imprese si instaura un rapporto anche personale tra imprenditore e collaboratori, si ascoltano i loro bisogni e si conosce la storia di ognuno. Spesso infatti il welfare aziendale è già presente, ma non è esplicitato. I riconoscimenti hanno certificato che, lungo tutta la penisola, le pmi si stanno attrezzando sempre di più per fare del welfare aziendale un driver di attrazione e fidelizzazione dei talenti, anche grazie alle novità inserite nella legge di Stabilità 2016.

Uno strumento per vincere in due

A COLLOQUIO CON MANUEL GUERRERO, AMMINISTRATORE DELEGATO SONZOGNI CAMME

L’azienda bergamasca si è aggiudicata il primo premio per la categoria industria

Quando avete iniziato a proporre soluzioni di welfare aziendale?
Il welfare aziendale è da subito entrato nel dna dell’azienda, fin dagli anni ‘60. È stata una scelta quasi naturale e da sempre abbiamo messo in campo prassi che, con il tempo, si sono arricchite e strutturate. Dalla quattordicesima alle visite mediche retribuite, al part-time, alle spese scolastiche per i figli, ai fondi di previdenza, ecc. L’elenco è veramente lungo. Negli ultimi anni abbiamo strutturato l’offerta raccogliendo tutte le misure in un “piano welfare”, per aumentarne anche la consapevolezza, all’interno dell’a zienda, tra i nostri collaboratori. Una cosa che abbiamo implementato e di cui sono molto soddisfatto è il job-sharing, ossia la condivisione del posto di lavoro, che consente a due lavoratori che hanno necessità di avere più tempo per sé o per la famiglia, di condividere la stessa mansione a turni durante la giornata lavorativa. Un’operazione win-win che fa vincere sia l’azienda che i lavoratori, in quanto ambedue riescono a soddisfare le rispettive necessità. Per noi il welfare aziendale non è una questione di moda, ma di propria e vera cultura aziendale.

Come strutturate i piani di welfare?
Non facciamo indagini formali tra i nostri collaboratori, ma capiamo le necessità della popolazione aziendale e in base a quelle proponiamo soluzioni. Poi, quando cambiano, modifichiamo l’offerta di conseguenza. Anche senza un’indagine strutturata, conosciamo i nostri 70 collaboratori da vicino.

La risposta dei dipendenti?
È stata sempre molto positiva. Un miglioramento della condizione economica e del rapporto con l’azienda viene sempre recepito in modo favorevole. Anche se non è facile quantificare economicamente il ritorno per l’impresa, da un punto di vista di fidelizzazione dei dipendenti
è molto elevato. Questo per noi è particolarmente importante perché, operando in un settore molto specializzato, perdere un dipendente è un grande danno. Ci vogliono anni a formarlo: trattenere i talenti diventa quindi fondamentale.

Quali sono le difficoltà che una pmi può incontrare nel proporre soluzioni di welfare aziendale?
Il problema maggiore è la conoscenza delle norme, delle possibilità disponibili, la capacità di gestire la complessità del meccanismo e della fiscalità relativi al welfare aziendale. Noi riusciamo a proporre tutte queste soluzioni anche in virtù delle competenze, dal punto vista legale
e fiscale, che abbiamo al nostro interno. Ma una piccola azienda spesso non può contare su queste expertise.

È soddisfatto del premio?
Sono molto contento. È un riconoscimento per un percorso che dura da tutta una vita. Voglio condividerlo con tutti i collaboratori e per questo abbiamo deciso di erogare loro ulteriori voucher, oltre quanto previsto dal contratto collettivo nazionale metalmeccanico e fino al
limite consentito per la deducibilità. Inoltre, per un potenziale futuro dipendente che non conosce l’azienda, sapere che abbiamo questo riconoscimento è molto importante nel momento in cui deve decidere di cambiare posto di lavoro. Il welfare aziendale non solo trattiene i talenti, ma li attrae anche.

Primo Premio nel settore Industria: Sonzogni Camme, “Orario di lavoro a misura d’uomo”

(G.F. – Dalla Rivista “L’IMPRENDITORE“, mese di Aprile 2017)

 

 

Colorificio San Marco, la spesa etica si fa in ufficio

“Abbiamo lavorato molto per ascoltare i bisogni delle persone e monitoriamo costantemente il livello di gradimento dei servizi per scoprire eventuali aree di miglioramento.”

Mariluce Geremia, vicepresidente e responsabile risorse umane

➟  Obiettivo delle iniziative: fidelizzare i propri collaboratori, attrarre i giovani e trattenere i talenti.

Dal 2013 Colorificio San Marco, grazie a una piattaforma software sviluppata ad hoc, ha istituito un modello innovativo di welfare, con un’offerta mirata a soddisfare le esigenze di un organico composto da tanti giovani, sia single che con famiglia.

I dipendenti e i collaboratori possono accedere a questo strumento tramite internet, per visualizzare le diverse opportunità e gestire con facilità la propria posizione personale.

Numerosi i servizi messi a disposizione dall’azienda: il fondo pensione, l’assistenza sanitaria e sociale e il rimborso delle spese di istruzione per i familiari. È possibile, ad esempio, recuperare i costi di iscrizione e frequenza ad asilo nido, scuole di vario grado, università e master, acquistare la dotazione libraria dei figli o utilizzare il benefit per consentire loro di partecipare a un campus estivo o a un corso di lingua.

Tra le iniziative più recenti, una collaborazione per portare direttamente in azienda cibo di qualità, sano, etico e sostenibile, consentendo ai dipendenti di fare la spesa presso il proprio luogo di lavoro. I lavoratori possono infatti selezionare i migliori prodotti di stagione nel mercato allestito direttamente all’interno della mensa aziendale, o semplicemente ritirare in azienda la spesa ordinata precedentemente online.

Tra le nuove proposte: appartamenti al mare gratis per i dipendenti durante i periodi di vacanza e un piano stage retribuito per i figli. Nell’innovativo Progetto Academy confluiranno invece tutte le attività di formazione aziendale della San Marco University e attività di aggiornamento personale autogestite dai dipendenti in uno spazio messo a disposizione dall’azienda, le cui ore di formazione concorreranno al conseguimento del premio di partecipazione.

Rating di Welfare Index PMI 2017. Cos’è e come funziona?

Una importante novità del Rapporto 2017 è il Rating Welfare Index PMI, un servizio che permette alle imprese di comunicare il proprio livello di welfare nel modo più immediato e riconoscibile.

Tutte le imprese partecipanti all’indagine, ad esclusione di quelle che superano il limite dei 250 addetti, sono raggruppate in cinque classi di rating, con un valore crescente da 1W a 5W. Alla base della valutazione c’è un algoritmo che misura più di cento variabili rilevate con l’indagine campionaria. Il modello è strutturato in tre ambiti:

1. Ampiezza e contenuto delle iniziative In ognuna delle 12 aree del welfare aziendale sono misurati:

• il numero e il contenuto delle iniziative, con pesi diversi per tipo di iniziativa;
• l’estensione della popolazione aziendale che beneficia delle iniziative;
• la proattività dell’impresa nelle scelte. Questo ambito determina il 70% del punteggio complessivo del Welfare Index PMI.

2. Gestione delle politiche di welfare aziendale Vengono misurati i parametri relativi alla gestione complessiva del welfare:

• l’impegno economico dell’azienda;
• la maturità delle iniziative;
• il coinvolgimento dei lavoratori;
• l’impatto percepito delle iniziative sui risultati aziendali;
• l’adozione di strumenti di flessibilità e il livello di conoscenza e utilizzo dei servizi da parte dei lavoratori.

Questo ambito determina il 20% del punteggio complessivo. Originalità e distintività delle iniziativeSi tratta di un ambito che determina il 10% del punteggio complessivo, consistente nella valutazione qualitativa degli elementi caratterizzanti l’iniziativa aziendale.

3. Originalità e distintività delle iniziative Si tratta di un ambito che determina il 10% del punteggio complessivo, consistente nella valutazione qualitativa degli elementi caratterizzanti l’iniziativa aziendale.

Il risultato dell’elaborazione è il Welfare Index PMI: un punteggio individuale che permette a ogni azienda di misurare il proprio livello di welfare, complessivo e di ogni area, confrontandosi con la media e con le esperienze best practice del proprio settore.

Il Welfare Index PMI e il rating nascono quindi dallo stesso modello di calcolo. Tutti i punteggi individuali sono raggruppati in cinque classi di rating:

WWWWW Welfare Champion
WWWW – Welfare Leader
WWW – Welfare Promoter
WW – Welfare Supporter
W – Welfare Accredited

La figura 77 rappresenta con sintetiche descrizioni le motivazioni di appartenenza alle classi di rating, e indica il numero di imprese comprese in ogni classe. Le 22 imprese 5W rappresentano le esperienze più avanzate per ampiezza e intensità delle iniziative di welfare aziendale, per proattività nelle scelte e coinvolgimento dei lavoratori.

Segue, nella figura 78, un’analisi della stratificazione delle classi di rating per settori produttivi e per fasce dimensionali delle imprese. Tutti i settori produttivi sono rappresentati in tutte le classi di rating. Certamente la dimensione dell’impresa favorisce la capacità di iniziativa, e pertanto le aziende più grandi sono più rappresentate nelle classi 5W e 4W.

Tuttavia in ogni classe di rating sono presenti imprese di tutte le fasce dimensionali, a conferma della possibilità di raggiungere la massa critica attraverso le alleanze e avvalendosi di supporti associativi. La figura 79 offre uno spaccato analitico dei tassi di iniziativa, in ogni area del welfare aziendale delle imprese appartenenti alle diverse classi di rating.

 

Figura 77