Welfare Index PMI ospite al Salone della CSR il 4 ottobre, Milano

Un appuntamento interamente dedicato a Welfare Index PMI avrà luogo dalle ore 11.30 alle 13.00 martedì 4 ottobre 2016 nell’ambito del prestigioso Salone della CSR e dell’Innovazione sociale, considerato il più importante evento in Italia sui temi della sostenibilità.
Il Salone che giunge quest’anno alla sua quarta edizione si svolgerà il 4 e 5 ottobre presso l’Università Bocconi, via Roentgen 1, Milano.

La presentazione del progetto Welfare Index PMI sarà anche l’occasione per illustrare alcune interessanti testimonianze di welfare aziendale portate alla luce dalla Ricerca 2016 che è servita per elaborare il primo Rapporto sullo stato del welfare aziendale in Italia, realizzato intervistando più di 2000 aziende diffuse su tutto il territorio nazionale. Inoltre saranno presentate le novità e gli sviluppi della prossima ricerca per elaborare il Rapporto 2017.

Welfare Index PMI, realizzato da Generali Italia con la partecipazione di Confindustria, Confagricoltura, Confartigianato e Confprofessioni, ha l’obiettivo di promuovere e diffondere la cultura del welfare aziendale anche nelle piccole e medie imprese dove, oltre a migliorare il benessere organizzativo, può aumentare la produttività con importanti ricadute sui costi aziendali.

IL PROGRAMMA

4 OTTOBRE – MATTINO
WELFARE INDEX PMI: IL WELFARE AZIENDALE FA CRESCERE L’IMPRESA
11:30 – 13:00

Modera: Federica Gentile, conduttrice radiofonica e autrice televisiva

ore 11.30 – 11.50
Il welfare in una società in costante cambiamento
Lucia Sciacca, Direttore Comunicazione e Social Responsibility Generali
Mario Calderini, Professore ordinario Politecnico di Milano, Consigliere per le politiche di ricerca e innovazione Ministero dell’Istruzione

ore 11.50 – 12.00
Sezione Q&A

ore 12:00 – 12:20
Il welfare nelle grandi aziende e nelle PMI: punti di contatto e benefici
Gianluca Perin, Responsabile Risorse Umane e Organizzazione Generali
Loredana Alberti, imprenditrice dell’azienda agricola Fungar, Menzione speciale “Valore Donna” Welfare Index PMI         
Federica Coletto, Risorse Umane Colorificio San Marco, Primo premio settore Industria Welfare Index PMI

ore 12:20 – 12.30
Sezione Q&A

ore 12:30 – 12:50
Welfare Index PMI: il welfare aziendale fa crescere l’impresa
Andrea Mencattini, Responsabile Controllate Assicurative e Rapporti Istituzionali Generali
Enea Dallaglio, Amministratore Delegato Innovation Team

ore 12.50 – 13.00
Sezione Q&A e fine dei lavori

 

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Salone della CSR e dell’Innovazione sociale

Le 10 aree di welfare aziendale

Le PMI italiane manifestano verso il welfare aziendale atteggiamenti molto diversi, e il Rapporto 2016 Welfare Index PMI 2016 ha avviato il monitoraggio della loro evoluzione.
Un primo fattore da considerare è quali sono gli obiettivi per cui le imprese attuano iniziative di welfare aziendale. Sotto questo profilo possiamo raggruppare tre approcci principali:

Strategie di responsabilità sociale per la sostenibilità dell’impresa

Rientrano in questo segmento le imprese che motivano le iniziative di welfare aziendale principalmente con obiettivi di sostenibilità del business e di rafforzamento della reputazione, e che coinvolgono una pluralità di stakeholder.

Focus sulle risorse umane

Per le imprese appartenenti a questo gruppo gli obiettivi principali sono la fidelizzazione dei dipendenti, l’instaurazione di relazioni collaborative, il miglioramento del benessere organizzativo, il miglioramento della produttività del lavoro.

Vantaggi economici immediati

Si tratta delle imprese che prima di tutto intendono utilizzare i benefici fiscali per ottimizzare i costi del lavoro, incentivando al tempo stesso la produttività.

Ovviamente i tre approcci non si escludono l’un l’altro; al contrario, si rafforzano reciprocamente. Le imprese più consapevoli della propria responsabilità sociale sono frequentemente anche tra le più attive nel proporsi obiettivi di benessere interno, e tra le più attente nel cogliere le opportunità fiscali.

Un secondo criterio di distinzione riguarda la proattività dell’impresa nell’attuare iniziative di welfare e nel coinvolgere i lavoratori: se e in che modo essa indaga le esigenze dei lavoratori, se e come li coinvolge nelle decisioni, se attua le iniziative autonomamente o attraverso accordi sindacali; e inoltre qual è l’entità dello sforzo economico sostenuto dall’azienda per le iniziative di welfare.

Infine con il Rapporto 2016 abbiamo mappato l’ampiezza delle iniziative di welfare intraprese dall’azienda. A questo scopo abbiamo definito 10 aree del welfare aziendale (Fig.1). Per ogni area l’indagine ha permesso di rilevare quali e quante iniziative sono state intraprese, e per quale popolazione di beneficiari all’interno e all’esterno dell’azienda. I criteri sopra esposti permettono di segmentare i profili di welfare delle PMI italiane e di seguirne l’evoluzione nel tempo.

Permettono inoltre di calcolare il Welfare Index PMI: uno strumento con il quale le singole imprese possono misurare le proprie iniziative di welfare aziendale confrontandosi con le esperienze più avanzate del proprio settore.

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Fig. 1 – Le 10 aree del welfare aziendale

Vantaggio competitivo solo per le aziende che adotteranno buone pratiche di welfare

Il Welfare aziendale cresce e la Legge di stabilità 2016 e i decreti attuativi della stessa spingeranno ancora di più la sua crescita.

Ma come cresce? In che direzione? La sua espansione potrà davvero contribuire oltre che al benessere dei lavoratori nelle aziende anche alla crescita sociale dei territori? Il Welfare Index PMI promosso da Generali Italia in collaborazione con Confindustria e Confagricoltura, ha certamente contribuito ad una lettura più precisa del fenomeno nelle piccole-medie imprese (con meno di 250 dipendenti) che rappresentano l’ossatura del sistema produttivo italiano restituendo un’inedita fotografia di ciò che sino ad oggi le imprese italiane hanno messo in campo come iniziative di welfare e indicando con nove premi e due menzioni speciali alcune best practice a cui guardare.
Buone pratiche che troverete raccontate, insieme ad altre da noi selezionate, nelle pagine che seguono.

Lucia Sciacca, direttore Comunicazione e Social Responsibility di Generali Country Italia ha partecipato passo dopo passo alla nascita e al debutto del Welfare Index PMI ce lo spiega così: «Quando abbiamo iniziato a pensare a questa iniziativa abbiamo fatto due riflessioni. La prima è stata interna, abbiamo guardato a come Generali Italia interpreta la sostenibilità nel business. Per noi sostenibilità nel business significa creare valore condiviso per tutti gli stakeholder e siamo convinti che le aziende così concepite abbiano maggiori possibilità di sviluppo e di crescita.
Ma cosa significa creare valore condiviso? E’ un modo di operare armonico, coinvolgente, il più possibile partecipato, cosciente della funzione sociale dell’azienda, come ha scritto Philippe Donnet nella prefazione del Rapporto, che mira allo sviluppo proprio ma anche del contesto in cui si opera.

La seconda riflessione ha riguardato il welfare aziendale vero e proprio, abbiamo ragionato su questo tema coscienti che oggi le famiglie vivono momenti di difficoltà e il welfare pubblico ha sempre più un ruolo marginale rispetto al passato. Siamo convinti che le aziende che saranno in grado di mettere in campo buone pratiche di welfare per i propri dipendenti e le loro famiglie avranno un vero vantaggio competitivo.

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Lucia Sciacca – Direttore Communication & Social Responsibility, Generali Country Italia

Welfare index PMI, che ha coinvolto nella fase della progettazione e realizzazione le principali confederazioni delle imprese, nasce da questi ragionamenti, si tratta, infatti, di un’iniziativa che mira a diffondere politiche di welfare anche nelle piccole e medie imprese e che vuole stimolare un cambio culturale e di visione con l’obiettivo di valorizzare la centralità del welfare nella vita quotidiana delle aziende, dei lavoratori, delle loro famiglie e dei territori».

Sono ben 2140 le piccole e medie imprese coinvolte nella Ricerca su cui si fonda l’Index PMI, imprese che hanno risposto via web o telefono a un questionario strutturato. Interessantissimo leggere il report, ma quali le risultanze più sorprendenti?

Lucia Sciacca non ha dubbi: «La prima sorpresa positiva è stata il fatto di essere riusciti a coinvolgere più di 2000 aziende, volevamo avere una fotografia dello stato del welfare nelle PMI Italiane, perché non esisteva. Avere la possibilità di interloquire con così tante aziende è stato per noi importante perché l’ampiezza del campione ha dato ulteriore peso scientifico al Rapporto. Per quanto riguarda i risultati del Rapporto ci ha sorpreso che non ci siano spiccate differenze tra Nord, Centro e Sud del Paese. Le differenze più che geografiche sono legate alla specificità dei territori e delle comunità. Nel Rapporto si legge per esempio notare come le iniziative di welfare aziendale allargate al territorio siano proporzionalmente più diffuse al Sud. Così come al Sud si vede maggiore attenzione alle pari opportunità e al sostegno ai genitori, probabilmente attenzioni legate anche al tipo di lavoro, mentre al Nord prevalgono Formazione e sostegno alla mobilità. Differenze legate non solo all’attività imprenditoriale ma anche e, forse, soprattutto dovute al territorio in cui si opera».

Il Welfare Index PMI, presentato l’8 marzo scorso, vivrà negli anni, come si evolverà e come crescerà l’Index?

«La prima edizione ci è servita anche da test per capire cosa mettere meglio a punto e come migliorare», risponde Lucia Sciacca.
«Per esempio, oltre a mirare a un Rapporto partecipato da ancora un maggior numero di imprese, vogliamo migliorare i meccanismi di diffusione delle best practice e renderle scalabili per tutti i partecipanti, facendo capire come implementare le proprie iniziative di welfare. Con l’Index abbiamo voluto offrire uno strumento di auto valutazione alle imprese perché questo ci sembra il meccanismo più efficace per creare cultura. Ogni impresa registrata, in una sezione privata del sito può verificare il proprio livello di welfare e confrontarsi con le best practice di settore innescando così un’emulazione verso l’alto e verso la qualità delle iniziative di welfare.
Sul sito welfareindexpmi.it è già possibile iscriversi alla ricerca del prossimo anno».

(Intervista a cura della rivista Vita)

La formula del successo di WeCare: l’attenzione verso i collaboratori

È nato a partire da un’esigenza, hanno continuato a portarlo avanti e i dipendenti sembrano apprezzarlo moltissimo.

Lo smart working rappresenta sicuramente una sfida: maggiore libertà ma anche maggiore responsabilizzazione.
WeCare – una start up nata nel 2013 dall’incontro di Riccardo Zanini, imprenditore, con Filippo Scorza, bioingegnere e industrial designer – ha sposato questa nuova organizzazione del lavoro, aggiudicandosi l’8 marzo scorso il terzo premio Welfare Index PMI per il settore Servizi e Commercio.

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Filippo Scorza e Riccardo Zanini

Zanini e Scorza hanno ideato insieme, fino a lanciarlo sul mercato Amyko, un sistema composto da un archivio privato (private Cloud) e un braccialetto dotato di tecnologia NFC in grado di comunicare con smartphone e tablet. Avrai sempre al polso tutte le informazioni di prima necessità e lo stato di salute visualizzabili in tempo reale in caso di bisogno da un soccorritore o un familiare sul display dello smartphone.

Amyko bracciale

Si tratta insomma di un sistema che consente di archiviare dati personali sullo stato di salute che grazie ad un bracciale anallergico e privo di batteria, garantisce più sicurezza e serenità quando si è fuori casa – dal codice fiscale, al gruppo sanguigno fino ad eventuali intolleranze, patologie o allergie – per visualizzarli in maniera immediata in caso di bisogno.

La formula del successo sembra risiedere anche nell’attenzione per i propri collaboratori. Ha spiegato Zanini: “I nostri collaboratori possono gestire scadenze e obiettivi senza la pressione di un ufficio fisso, del traffico per doverci arrivare o di orari prestabiliti, spesso e volentieri infatti lavoriamo in remoto: ci serve solo una connessione internet e possiamo confrontarci ovunque ci troviamo”.

All’inizio per i due fondatori si è trattato di un’esigenza: “Filippo – ha commentato Zanini – abita a Genova, mentre io a Brescia. C’era quindi l’esigenza concreta di trovare una modalità di lavoro dinamica ma ci siamo poi accorti del valore aggiunto di questo modello organizzativo perché nel momento in cui una persona si sente responsabile del proprio operato, diventa più motivata e dunque anche più produttiva”.

Oggi infatti WeCare ha una sede operativa a Milano, la produttiva a Brescia e quella amministrativo/legale a Genova; tuttavia la presenza in ufficio dei collaboratori è richiesta solo lunedì e martedì per organizzare gli obiettivi lavorativi di ciascuno.

Il benessere dei nostri collaboratori e il loro grado di soddisfazione all’interno del team di lavoro – ha aggiunto Zanini – è il fulcro della nostra filosofia manageriale: ogni nostro collaboratore ha una vita personale intorno alla quale ruotano affetti, interessi, crescita e sviluppo personale e noi cerchiamo di valorizzare tutto questo perché siamo convinti crei valore aggiunto per il prodotto finale”.

Anche i collaboratori della start up sembrano apprezzare il modello organizzativo.

“Lavoro con loro da gennaio – spiega Giulia Mondello Social Media Manager – per mesi ci siamo conosciuti e parlati solo via internet, questo però non ha impedito a Riccardo e a Filippo di darmi fiducia, né ha impedito a me di lavorare con motivazione e serietà”.
“Lavorare alla WeCare – ha proseguito Giulia – vuol dire essere in grado di riconoscere i propri limiti, saperli esplorare senza vergognarsene, e aver tanta, ma tanta, voglia di crescere e di fare. Perché – ha concluso Giulia – al centro non c’è il lavoro per il lavoro, ma la responsabilità di cui ognuno di noi dovrebbe farsi carico in ogni azione che compie ed è così, nel confronto e nel reciproco rispetto, che il lavoro diventa piacevole”.

Gabriele Guerceri, Responsabile customer care e back office alla WeCare ha dichiarato : “Lavorare da casa permette di svolgere le proprie mansioni anche al di fuori dei canonici orari di ufficio, si è insomma liberi di organizzare la propria giornata e la propria settimana, per questo non pesa dedicare alcune ore del proprio week-end ad un obiettivo condiviso con tutta l’azienda, sento infatti di avere la fiducia non solo dei miei datori di lavoro ma anche dei miei colleghi”.

Oltre duemila i contratti che prevedono l’erogazione di strumenti di welfare

Sono ben 2.290, su 13.543, i contratti aziendali e territoriali istitutivi dei premi di produttività che prevedono l’erogazione di strumenti di welfare aziendale.

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha infatti reso noto con un comunicato stampa del 18 luglio 2016 (Premi di produttività) i dati relativi ai contratti aziendali e territoriali per i quali è obbligatorio l’invio telematico, o “deposito”, da parte dei datori di lavoro entro il termine, fissato al 15 luglio scorso, con riferimento agli accordi sottoscritti nel 2015. Un grande successo dunque di chi crede nella diffusione del Welfare per accrescere il benessere dei lavoratori e per ottimizzare il costo del lavoro!

Una delle più importanti novità dell’ultima Legge di Stabilità è quella di consentire di sostituire i premi di produttività in denaro con beni e servizi. Questa opzione deve però essere necessariamente inserita nei contratti territoriali o aziendali sottoscritti con i sindacati ed è pertanto sottratta alla libera disponibilità delle parti: è la contrattazione collettiva di secondo livello ad accordare ai dipendenti la facoltà di scelta.
In altre parole, se il contratto lo prevede, ogni dipendente può individualmente decidere di trasformare, in tutto o in parte, il premio di produttività a lui spettante in “premio sociale” spendibile in servizi di welfare. E il datore di lavoro deve assecondare questa decisione. La normativa non detta ulteriori regole, per cui l’eventuale disciplina di dettaglio, riguardante ad esempio le modalità di esercizio della scelta o la possibilità di revoca, resta demandata all’autonomia delle parti o al contratto stesso.

La conversione premi in denaro/servizi di welfare incrementa la soddisfazione dei lavoratori sia dal punto di vista della gestione del rapporto di lavoro (flessibilità), sia in termini economici attraverso un maggior potere di acquisto. Sotto quest’ultimo profilo occorre tener presente che il premio di produttività è al lordo delle ritenute contributive e fiscali (dato 100 di premio, il netto percepito dal dipendente è di circa 80), mentre il medesimo valore trasformato in servizi di welfare è al netto (100 di premio uguale a 100 di percepito). Il Datore di lavoro, dal canto suo, ottimizza i costi aziendali azzerando o riducendo il cd. “cuneo fiscale” grazie alla agevolazioni fiscali offerte dalla normativa (dato 100 di premio, il risparmio è di circa 40). Quanto basta per spingere le parti contraenti gli accordi territoriali e aziendali (rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori) a sostenere e facilitare la conversione dei premi di produttività in servizi di welfare, incoraggiando i lavoratori verso tale scelta.

In questa direzione va certamente il modello di accordo collettivo territoriale sottoscritto il 14 luglio scorso tra Confindustria, Cgil, Cisl e Uil e rivolto ai datori di lavoro che non hanno possibilità di stipulare un accordo a livello aziendale per mancanza delle rappresentanze sindacali interne. Secondo tale modello, l’impresa può consentire al dipendente di convertire il premio di produttività, in tutto in parte, in prestazioni di welfare aziendale.

Claudio Della Monica
Consulente del Lavoro – Della Monica & Partners srl STP

Magnani: “La capacità competitiva delle nostre imprese è nel capitale umano”

Nonostante la crisi economica, la globalizzazione e la rivoluzione digitale, secondo Marco Magnani – economista ad Harvard e in LUISS, che da 30 anni vive, studia e lavora tra Stati Uniti e Italia – oggi ha ancora senso per le imprese investire nel territorio che può costituire un inatteso vantaggio competitivo.

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Soprattutto nelle economie avanzate dove capacità d’innovazione e qualità dei collaboratori sono fattori decisivi per competere – spiega Magnani che ha lavorato in banche d’affari per circa 20 anni, in JpMorgan a New York e Mediobanca a Milano, nominato Young Global Leader dal Wolrd Economic Forumil capitale umano costituisce una dimensione strategica del territorio”.

Marco Magnani è membro del Comitato Guida di Welfare Index PMI, inoltre Editorialista de IlSole24Ore e di AffarInternazionali. Autore di Sette Anni di Vacche Sobrie, UTET, Creating Economic Growth, PalgraveMacmillan e Terra e Buoi dei Paesi Tuoi.

Globalizzazione, crisi economica, e rivoluzione digitale.

 

Terra e buoi dei paesi tuoi

Nel suo ultimo saggio Terra e buoi dei paesi tuoi la tesi è che per resistere a questi tsunami l’arma segreta delle PMI sia il legame con il territorio.

Perché non è un paradosso?

Siamo davanti a tre grandi sfide epocali che se da una parte possono travolgere la piccola e media impresa, dall’altra creano delle opportunità. Una possibile arma segreta per le imprese è proprio quella di tornare a valorizzare il territorio che va oltre il luogo fisico della produzione, investendo sulle sue molteplici dimensioni: dalla scuola, alla formazione, alla ricerca, all’università, fino al welfare aziendale. La piccola e media impresa per affrontare queste sfide deve avere radici profonde nel territorio e antenne tese sul mondo.

Qual è il ruolo del capitale umano nella crescita del territorio?

Il capitale umano è fondamentale perché consente di fare innovazione, la caratteristica di gran lunga più importante nelle economie avanzate. L’impresa deve essere in grado di attrarre, formare e trattenere sul proprio territorio le persone, investendo in scuola, formazione e welfare aziendale per motivare appieno i propri collaboratori e attirare le risorse più adatte all’azienda.

Lei sostiene che l’azienda non debba fare filantropia. Perché?

La filantropia è un’attività lodevole ma deve essere lasciata all’imprenditore come persona fisica, o ai semplici cittadini, oppure alle istituzioni. L’impresa deve invece concepire ogni intervento sul territorio come un vero e proprio investimento, pretendendo cioè un ritorno. Soltanto in questo caso gli investimenti saranno sostenibili nel lungo periodo, per questo nel mio libro parlo di “egoismo lungimirante” o “altruismo interessato“.

Per quali motivi secondo lei il welfare aziendale ha grande potenziale di crescita in Italia?

Il welfare pubblico è in calo per evidenti motivi di bilancio ma a fronte di una diminuzione dell’offerta assistiamo ad una crescente domanda di welfare da parte dei lavoratori. Con una domanda crescente e un’offerta discendente si crea un vuoto che deve essere riempito, a mio parere, da una collaborazione tra impresa e dipendenti che può avere vantaggi per entrambi.

Di quali vantaggi parla?

Per il lavoratore è la risposta ad una domanda crescente di welfare aziendale che il settore pubblico non riesce più fornire, allo stesso tempo per l’impresa può essere un modo per motivare ulteriormente i propri dipendenti, legando i pacchetti retributivi anche alla produttività aziendale. È una situazione win-win, con vantaggi sia per l’impresa, sia per il lavoratore e con una ricaduta positiva anche sul territorio circostante poiché i servizi di welfare aziendale, come asili o formazione, che saranno offerti sempre di più ai lavoratori dalle imprese, in grande misura saranno acquistati sul territorio.

Qual è il valore di un progetto come Welfare Index PMI di cui lei è uno dei membri del Comitato Guida?

Welfare Index PMI ha sicuramente un valore scientifico: per la prima volta è stato creato un indice che misura la qualità del welfare aziendale offerto dall’impresa ai propri dipendenti, assegnando un vero e proprio punteggio della qualità delle iniziative messe in campo. Inoltre, c’è un aspetto importante relativo alla comunicazione, perché attraverso questa misurazione e i questionari inviati alle PMI, molte piccole e medie imprese italiane imparano alcune forme di welfare aziendale di cui prima non erano a conoscenza.

Nel libro racconta le Buone Pratiche della provincia italiana. Può raccontare perché ha scelto la storia di Elica, leader nel mondo nel settore delle cappe per cucina con circa un centinaio di dipendenti, per il welfare aziendale?

Ho scelto volutamente esempi di piccola e media impresa a gestione familiare della provincia italiana perché questa è l’ossatura dell’economia del nostro Paese. Per quanta riguarda il welfare aziendale Elica, impresa marchigiana all’avanguardia in questo senso, ha saputo mantenere e consolidare un rapporto speciale con i propri collaboratori, creando un ambiente di lavoro familiare e di alta qualità. Oltre alle iniziative di welfare più classiche, dallo smart-working, alla flessibilità negli orari di lavoro, ai congedi parentali, fino agli interventi a favore dei figli dei dipendenti, solo per citarne alcuni, Elica ha ideato E-straordinario, un progetto di formazione molto originale che ha portato nel mondo industriale corsi di arte moderna per tutti i dipendenti, dagli operai agli ingegneri e senza tener conto della loro funzione, perché si ritiene che la comprensione dell’arte moderna aiuti lo sviluppo della creatività e del problem-solving, importanti nell’attività aziendale.

Come si immagina la PMI del futuro?

Sopravviveranno le imprese in grado di concentrarsi su produzioni di tipo complesso e quindi difficilmente replicabili dai concorrenti, mantenendo profonde radici nel territorio e antenne tese sul mondo. La PMI del futuro dovrà essere una sorta di integratore tra le conoscenza e le competenze del proprio territorio con i cambiamenti dei mercati internazionali. Inoltre in un’economia avanzata l’aspetto fondamentale è appunto l’innovazione, frutto delle idee delle persone. Per questo oggi il welfare aziendale è una leva strategica.