Prestiti ai dipendenti, cambia il criterio di computo dei fringe benefits

La legge di conversione del decreto “Anticipi” (DL n. 145/2013), pubblicata in Gazzetta Ufficiale lo scorso 16 dicembre, introduce una importante novità nei criteri di calcolo del fringe benefit relativo ai prestiti concessi ai dipendenti.

A ben vedere si tratta di una misura di welfare aziendale volta a far accedere i lavoratori dipendenti a linee di finanziamento a condizioni agevolate. Sul piano tributario tale fattispecie è disciplinata dall’articolo 51, comma 4, lettera b) del TUIR, che ne prevede un trattamento di moderato favore, nell’ambito del principio generale di onnicomprensività (costituiscono reddito di lavoro dipendente le somme e i valori a qualunque titolo percepite in relazione al rapporto di lavoro).

Prima dell’intervento del legislatore il fringe benefit veniva individuato nel 50% della differenza tra l’ammontare degli interessi calcolati al TUR (tasso ufficiale di riferimento fissato dalla BCE) vigente al termine di ogni anno e l’importo degli interessi computati applicando il tasso effettivo del finanziamento, senza distinguere tra rapporti a saggio fisso e variabile.
In un contesto di forte crescita dei tassi, il suddetto meccanismo avrebbe penalizzato i dipendenti che avevano contratto prestiti a tasso fisso, incrementando – a parità di condizioni – il valore del benefit da sottoporre a tassazione Irpef.

Ad esempio, infatti, un prestito con tasso fisso del 1% e quota capitale pari a 100.000 euro, avrebbe prodotto:
– con un TUR di fine anno pari al 1% un fringe benefit pari a zero;
– con un TUR di fine anno pari al 4,5% un fringe benefit di 1.750 euro, ovvero: 50% x (4.500 -1.000).

La nuova regolamentazione della fattispecie, quindi, nasce proprio con l’intento di impedire che la dinamica di forte crescita dei tassi che ha caratterizzato gli ultimi mesi penalizzasse eccessivamente i contribuenti che avevano in essere tali rapporti di finanziamento.
Il comma 3-bis dell’articolo 3 del DL 145/2023, infatti, provvede a cambiare il criterio di computo del fringe benefit, individuando tale valore nel 50% della differenza:

– tra l’ammontare degli interessi calcolati al TUR vigente alla data di scadenza di ciascuna rata e il valore degli interessi calcolati applicando il tasso effettivo del finanziamento per i prestiti a tasso variabile;
– tra l’ammontare degli interessi calcolati al TUR vigente alla data di concessione del prestito e il valore degli interessi calcolati applicando il tasso effettivo del finanziamento per i prestiti a tasso fisso.

Il successivo comma 3-ter dello stesso articolo precisa, infine, che i nuovi criteri si applicano “a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”, quindi con riferimento a tutto l’anno 2023.

Andrea Dili
Dottore Commercialista, esperto di Welfare Index PMI

Welfare aziendale e premi di risultato – le novità della legge di bilancio 2024.

Il disegno di legge di bilancio dello Stato per l’anno 2024, presentato dal Ministro dell’economia e delle finanze al Senato, contiene alcune importanti novità sulla disciplina fiscale del welfare aziendale e dei premi di risultato a favore dei lavoratori dipendenti.
In particolare, l’articolo 6 del ddl di bilancio introduce per il 2024 due importanti innovazioni in tema di fringe benefits, ovvero:

– l’incremento della soglia di non imponibilità ai fini delle imposte sui redditi del percettore;
– l’ampliamento del novero delle misure incluse nel regime di esenzione.

La prima novità riguarda l’articolo 51, comma 3 del TUIR, che fissa a 258,23 euro la soglia di non imponibilità dei fringe benefits ricevuti dai lavoratori dipendenti: la legge di bilancio prevede che per il 2024 tale limite sia innalzato a 2mila euro per coloro che hanno figli fiscalmente a carico e a mille euro per gli altri lavoratori dipendenti. Si tratta, a ben vedere, di una disposizione in continuità con quelle del recente passato, considerando che lo stesso limite era già stato transitoriamente elevato a 516,46 euro per gli anni 2020 e 2021 e a 3.000,00 euro per il 2022 e il 2023 (in quest’ultimo caso soltanto per i lavoratori dipendenti con figli fiscalmente a carico).
Anche il secondo intervento risulta in linea con le politiche di rafforzamento degli strumenti di welfare aziendale perseguite negli ultimi anni. Vengono infatti incluse nel novero dei fringe benefits le somme erogate o rimborsate dal datore di lavoro ai propri dipendenti relativamente:

al pagamento delle utenze domestiche (servizio idrico integrato, energia elettrica, gas naturale);
– alle spese per l’affitto della prima casa;
– agli interessi passivi sul mutuo per l’acquisto della prima casa.

Se l’inclusione delle spese relative alle utenze riproduce un’analoga misura varata per il 2022 e il 2023, l’inserimento degli oneri per il godimento del bene prima casa rappresenta una assoluta e apprezzabile novità, che può contribuire all’ulteriore diffusione del welfare aziendale.

Merita, infine, menzione il successivo articolo 7 del ddl di bilancio, che anche per il 2024 conferma al 5% il valore dell’aliquota dell’imposta sostitutiva sui premi di produttività erogati ai lavoratori dipendenti.
In buona sostanza, quindi, viene previsto un generale rafforzamento degli strumenti di welfare aziendale per il 2024, in attesa dell’attuazione della delega per la riforma fiscale, che dovrà definirne a regime la disciplina tributaria.

Andrea Dili
Dottore Commercialista, esperto di Welfare Index PMI

Welfare Aziendale – I criteri della delega fiscale.

La legge delega per la riforma fiscale (legge 9 agosto 2023, n. 111), recentemente approvata dal Parlamento, dedica uno specifico passaggio al tema del welfare aziendale. In particolare, nell’ambito dell’articolo 5 del testo di legge, dedicato ai “principi e criteri direttivi per la revisione del sistema di imposizione sui redditi delle persone fisiche”, la lettera e) del primo
comma prevede la revisione delle norme afferenti alle somme e ai valori esclusi dalla formazione del reddito di lavoro dipendente, con specifico riferimento alla defiscalizzazione dei compensi in natura.

Come noto, la legge delega fissa i principi che dovranno essere seguiti dal Governo nella redazione dei successivi decreti attuativi: nel caso di specie la disposizione in esame individua l’obiettivo generale della “semplificazione” del quadro normativo nonché la valorizzazione di specifiche finalità da attuare attraverso l’attribuzione dei suddetti compensi.
In tal senso, il legislatore si focalizza su sei diversi obiettivi:
1) mobilità sostenibile;
2) attuazione della previdenza complementare
3) incremento dell’efficienza energetica;
4) assistenza sanitaria;
5) solidarietà sociale;
6) contribuzione agli enti bilaterali.

A ben vedere, se da un lato non sfugge che si tratta di fattispecie già in gran parte comprese nell’ambito del cosiddetto welfare aziendale, dall’altro occorre evidenziare la volontà di rivedere i limiti di non concorrenza al reddito previsti dalla normativa fiscale sui fringe benefits, evidentemente in linea con gli interventi transitori (al rialzo) messi in campo nel corso degli ultimi anni. Si ricorda, infatti, che l’articolo 51 comma 3 del TUIR fissa il limite generale di non imponibilità in 258,33 euro, valore adeguato a 516,46 euro per il 2020 e il 2021 e a 3mila euro per il 2022. Quest’ultima soglia è stata confermata anche per il 2023, ma soltanto per i percepenti con figli a carico.

La volontà che traspare dalla delega, peraltro confermata dalle dichiarazioni rilasciate in questi giorni da autorevoli esponenti del Governo, sembra, dunque, tracciare un percorso indirizzato verso un ulteriore rafforzamento di tali strumenti.

Andrea Dili
Dottore Commercialista, esperto di Welfare Index PMI

Circolare INPS su Welfare Aziendale e sostituzione dei premi di risultato con misure di welfare: i benefit previsti dall’art. 51, co. 2 del Tuir.

È utile ritornare sulla recente circolare INPS n. 49 del 31 maggio 2023, al fine di esaminare gli specifici chiarimenti forniti in relazione ai benefit contemplati dall’articolo 51, comma 2 del TUIR. In sintesi la circolare – ricordando che con le leggi di bilancio dello Stato relative agli anni 2016, 2017 e 2018 è stato implementato il sistema di agevolazioni che favoriscono l’affermazione del welfare aziendale – si sofferma su alcune tipologie di benefit in cui l’attivazione del beneficio fiscale viene subordinata alla condizione che essi siano offerti alla generalità o a categorie di dipendenti.

In particolare la circolare si focalizza su:

– acquisto degli abbonamenti per il trasporto pubblico locale, regionale e interregionale del dipendente e dei familiari (art. 51, co. 2 del TUIR lettera d-bis);
opere e servizi di utilità sociale a favore del dipendente e dei familiari (lettera f);
– fruizione, da parte dei familiari del dipendente, dei servizi di educazione e istruzione, compresi i servizi integrativi e di mensa connessi, per la frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali e per borse di studio (lettera f-bis);
– fruizione dei servizi di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti del dipendente (lettera f-ter);
– contributi e premi per prestazioni, anche in forma assicurativa, relative ai rischi di non autosufficienza o di gravi patologie (lettera f-quater).

In via generale le somme, i servizi e le prestazioni erogati dal datore di lavoro relativamente alle suddette fattispecie non concorrono a formare il reddito imponibile dei lavoratori dipendenti che ne beneficiano. Come accennato, tuttavia, condizione necessaria per accedere alla defiscalizzazione è che i suddetti benefit siano messi a disposizione della generalità dei dipendenti o di categorie omogenee di essi, indipendentemente dal fatto che poi effettivamente ne usufruiscano.

Nel merito, riguardo alle suddette fattispecie, la circolare chiarisce quanto segue:

Acquisto degli abbonamenti per il trasporto pubblico locale, regionale e interregionale del dipendente e dei familiari – tale benefit può essere concesso dal datore di lavoro sia volontariamente che in base alle disposizioni di contratto, di accordo o di regolamento aziendale: in entrambi i casi è prevista la non imponibilità fiscale e contributiva, a condizione che l’abbonamento “implichi un utilizzo non episodico del mezzo di trasporto pubblico” e che, qualora il datore di lavoro provveda all’erogazione di somme destinate all’acquisto o al rimborso di tali abbonamenti, acquisisca e conservi la documentazione idonea a dimostrarne l’utilizzo coerente con le finalità per le quali sono state corrisposte.

Opere e servizi di utilità sociale a favore del dipendente e dei familiari – tale benefit afferisce all’utilizzazione di opere e servizi di utilità sociale riconosciuti dal datore di lavoro sia volontariamente che in base alle disposizioni di contratto, di accordo o di regolamento aziendale: nel primo caso le relative spese sono deducibili per un ammontare non superiore al 5 per mille del costo del personale dipendente, nel secondo caso il datore di lavoro potrà dedurre integralmente il costo. Tra le opere e i servizi di utilità sociali sono annoverati quelli che hanno “finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o di culto”, compresi i “corsi di lingua, informatica, musica, teatro, danza, ecc.”.
Tali utilità devono essere messe a disposizione direttamente o tramite terzi dal datore di lavoro, mentre è preclusa la possibilità di erogare rimborsi spese.

Fruizione, da parte dei familiari del dipendente, dei servizi di educazione e istruzione, compresi i servizi integrativi e di mensa connessi, per la frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali e per borse di studio –  tale benefit può essere erogato dal datore di lavoro direttamente, tramite strutture esterne o attraverso l’elargizione di somme, anche a titolo di rimborso spese. In questo caso il datore di lavoro dovrà acquisire la documentazione idonea a dimostrarne l’utilizzo coerente con le finalità per le quali sono state corrisposte.

Fruizione dei servizi di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti del dipendente – anche tale benefit può essere erogato dal datore di lavoro attraverso la fornitura delle relative prestazioni o l’elargizione di somme. Per la definizione di soggetti anziani (coloro che hanno compiuto 75 anni di età) e non autosufficienti (“coloro che non siano in grado di compiere gli atti della vita quotidiana quali, ad esempio, assumere alimenti, deambulare, ecc., comprese le persone che necessitino di sorveglianza continuativa”) la circolare richiama precedenti documenti di prassi dell’Agenzia delle Entrate.

Contributi e premi per prestazioni, anche in forma assicurativa, relative ai rischi di non autosufficienza o di gravi patologie – si tratta dei contributi e dei premi corrisposti dal datore di lavoro in relazione all’erogazione di prestazioni rese esclusivamente in favore dei propri dipendenti (e non, quindi dei familiari degli stessi). In merito la circolare precisa che la defiscalizzazione in capo ai dipendenti beneficiari è circoscritta ai soli premi e contributi relativi a polizze “long term care” e “dread desease”.

Andrea Dili
Dottore Commercialista, esperto di Welfare Index PMI

Circolare INPS su Welfare Aziendale e sostituzione dei premi di risultato: le novità del 2023.

Con la circolare n. 49 dello scorso 31 maggio l’INPS fa il punto sulla disciplina del welfare aziendale e dei premi di risultato erogati tramite strumenti di welfare, sviluppando un’ampia panoramica sulle misure varate nel corso degli ultimi anni, a partire dalla legge di bilancio del 2016.

Prima di focalizzarsi sugli specifici interventi legislativi, la circolare ricorda che tali misure trovano la propria ratio nella riduzione del carico fiscale e contributivo che grava sul lavoro subordinato: da questo punto di vista, infatti, non vi è dubbio che l’utilizzo di strumenti di welfare aziendale sia particolarmente conveniente sia per i datori di lavoro che per i loro dipendenti.
Considerando che la circolare affronta una pluralità di tematiche, nel presente articolo mi soffermerò sul commento delle novità legislative introdotte nel corso del 2023, mentre gli altri argomenti trattati nel documento saranno affrontati in successivi interventi.

La prima parte della circolare, dedicata all’illustrazione del quadro normativo, prende in esame due specifiche misure varate nel corso del 2023, ovvero:

l’innalzamento del limite di non imponibilità ai fini delle imposte sui redditi e l’ampliamento del novero dei fringe benefits per i lavoratori dipendenti con figli fiscalmente a carico, disposto dall’articolo 40, comma 1 del DL n. 48/2023;
– la detassazione, nel limite di 200 euro per lavoratore, dei buoni benzina erogati dai datori di lavoro privati ai dipendenti, prevista dall’art. 1 del DL n. 5/2023.

Preliminarmente è opportuno precisare che entrambe le norme dispiegano i propri effetti per il solo 2023: si tratta, quindi, di disposizioni di particolare favore che richiamano le analoghe misure previste per il 2022, ma che al momento risultano operative con esclusivo riferimento all’anno corrente. Il primo intervento normativo si sostanzia in due diverse misure, riservate ai soli lavoratori dipendenti con figli fiscalmente a carico, ovvero:

l’incremento da 258,23 a 3mila euro del limite di non imponibilità sui fringe benefits;
l’ampliamento delle tipologie di benefits che godono della predetta defiscalizzazione, attraverso l’inclusione delle somme erogate o rimborsate per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale.
È bene sottolineare come tali benefici riguardino soltanto i lavoratori dipendenti con figli fiscalmente a carico, mentre per gli altri lavoratori continuano ad applicarsi i limiti ordinari fissati dall’articolo 51 del TUIR.

Il secondo intervento normativo richiamato dalla circolare riguarda il cosiddetto bonus carburanti, che, ai sensi di quanto disposto dall’art. 1 del DL n. 5/2003, si sostanzia nella possibilità di erogare ai lavoratori dipendenti buoni benzina (o titoli analoghi) per un ammontare massimo di 200 euro in regime di non imponibilità fiscale. In merito la circolare evidenzia “la totale assoggettabilità ai fini contributivi” di tali erogazioni. Si ricorda, infine, che tale bonus è pienamente cumulabile con la generalità dei fringe benefits, non correndo alla determinazione delle soglie di 258,23 e di 3mila euro previste rispettivamente per la generalità dei dipendenti e per quelli con figli fiscalmente a carico.

Andrea Dili
Dottore Commercialista, esperto di Welfare Index PMI

Decreto Aiuti Quater: welfare aziendale 2022 fino a 3mila euro.

Il decreto Aiuti Quater (DL 18 novembre 2022, n. 176) estende ulteriormente il limite di non imponibilità dei fringe benefits ai fini del calcolo delle imposte sui redditi.

Se, infatti, in via generale l’articolo 51, comma 3 del TUIR prevede la non imponibilità ai fini delle imposte sui redditi dei fringe benefits ricevuti dai lavoratori dipendenti, a condizione che il loro valore non oltrepassi l’ammontare annuo di 258,23 euro, tale limite viene fissato – per il solo 2022 – a 3mila euro. Si ricorda che lo stesso valore, per effetto della normativa emergenziale varata nel corso della pandemia Covid-19, era già stato transitoriamente innalzato a 516,46 euro per gli anni 2020 e 2021 e, più recentemente (con il decreto Aiuti Bis, DL n. 115/2022), a 600 euro per il 2022. L’ulteriore innalzamento a 3mila euro, quindi, trova la sua collocazione nel contesto delle norme varate dal nuovo Governo al fine di fronteggiare il caro bollette. L’attribuzione dei fringe benefits ai dipendenti, infatti, consente di beneficiare del trattamento fiscale di vantaggio consistente nella deducibilità delle somme erogate in capo al datore di lavoro e nella contestuale non imponibilità in capo al dipendente beneficiario. In altre parole, rispetto agli altri strumenti premiali e a parità di costo per il datore di lavoro, l’utilizzo del fringe benefit genera una maggiore disponibilità economica per il percettore.

L’ambito di applicazione di tali misure è stato recentemente oggetto della Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 35/e del 4 novembre 2022, intervenuta a commentare le novità introdotte dall’articolo 12 del decreto Aiuti Bis (DL n. 115/2022). Quest’ultima norma, peraltro, non si limita a innalzare il predetto limite di non imponibilità a 600 euro (ora 3mila), ma tratteggia un significativo ampliamento degli strumenti inquadrabili tra i fringe benefits. Viene infatti, specificato che, per il solo 2022, potranno concorrere a determinare il suddetto limite di 3mila euro anche le somme erogate o rimborsate dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche, del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale.

Seppur circoscritto al solo 2022, quindi, si tratta di un complesso di misure assai ragguardevoli. Al fine di usufruire correttamente dell’opportunità, tuttavia, si rende necessario prestare molta attenzione alle indicazioni operative fornite dall’Agenzia delle Entrate. In particolare, meritano una distinta menzione due passaggi della Circolare: il primo dove viene precisato che – in ottemperanza a quanto sancito dall’articolo 51, comma 3 del TUIR – l’eventuale superamento della soglia di 3mila euro implica l’assoggettamento a tassazione dell’intero importo percepito; il secondo dove viene evidenziato che la norma in esame rappresenta una agevolazione ulteriore rispetto al bonus carburante disciplinato dall’articolo 2 del DL n. 21/2022 e che, pertanto, le due misure sono cumulabili. In buona sostanza, quindi, nel 2022 ciascun lavoratore potrà percepire fino a 200 euro di buoni benzina e un massimo di 3mila euro di ulteriori benefits.

Andrea Dili
Dottore Commercialista, esperto di Welfare Index PMI

Decreto Aiuti ter, 150 euro per dipendenti e partite iva

Il decreto Aiuti ter (DL n. 144/2022), pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 23 settembre, istituisce una nuova indennità una tantum a favore delle persone fisiche. Il bonus, che ammonta a 150 euro, va ad aggiungersi ai 200 euro già previsti dal primo decreto Aiuti e già erogati a tutte le categorie interessate, con eccezione di autonomi e professionisti.

Gli articoli 18, 19 e 20 del decreto definiscono l’ampio novero dei beneficiari, individuandoli nelle seguenti categorie:

1) lavoratori dipendenti;
2) titolari di trattamenti pensionistici;
3) lavoratori domestici;
4) collaboratori coordinati e continuativi;
5) lavoratori stagionali;
6) lavoratori intermittenti;
7) lavoratori occasionali;
8) incaricati alle vendite a domicilio;
9) collaboratori sportivi;
10) lavoratori dello spettacolo;
11) percettori di ammortizzatori sociali  (Naspi, Dis-Coll e indennità di disoccupazione agricola);
12) nuclei familiari che percepiscono il reddito di cittadinanza;
13) lavoratori autonomi e professionisti iscritti alle gestioni INPS;
14) professionisti iscritti alle Casse di previdenza autonome.

Posto che ciascun beneficiario, anche se appartenente a più di una categoria (ad es. lavoratore autonomo titolare di pensione), potrà percepire l’indennità una sola volta, e che la stessa non concorrerà alla formazione del reddito né ai fini fiscali né a quelli previdenziali, è opportuno soffermarsi sulle diverse modalità di erogazione previste dalle norme.

Preliminarmente è opportuno rilevare come, rispetto al precedente bonus di 200 euro, l’accesso all’indennità sia regolato da requisiti reddituali generalmente più stringenti, differenziati a seconda della categoria di appartenenza del percettore.

I lavoratori dipendenti potranno beneficiare della nuova indennità soltanto a condizione di maturare, con riferimento al mese di novembre 2022, una retribuzione imponibile non superiore a 1.538 euro. Limite che, ragguagliato ad anno, si attesta sul valore di 20mila euro (a fronte del tetto di 35mila euro che regolava il precedente bonus di 200 euro). Gli aventi diritto riceveranno i 150 euro con il pagamento della busta paga di novembre, dopo avere preventivamente fornito al proprio datore di lavoro la dichiarazione di non essere né titolari di pensione né percettori del reddito di cittadinanza. I datori di lavoro compenseranno l’indennità liquidata attraverso la denuncia Uniemens.

I titolari di trattamenti pensionistici riceveranno automaticamente l’indennità a condizione di aver realizzato nel 2021 un reddito imponibile Irpef – calcolato al netto dei contributi previdenziali e assistenziali e con esclusione del valore derivante dalla casa di abitazione, dei trattamenti di fine rapporto e delle competenze arretrate soggette a tassazione separata – non superiore a 20mila euro.

Un discorso a parte va fatto per le persone fisiche titolari di partita iva, lavoratori autonomi e professionisti. Tali soggetti, infatti, non hanno ancora ricevuto la prima indennità (200 euro), in considerazione del fatto che si era in attesa della pubblicazione del decreto interministeriale che ne avrebbe dovuto definire le modalità di erogazione. Tale decreto è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale in data 24 settembre; successivamente, in data 26 settembre, l’INPS ha emanato una circolare esplicativa della misura (Circolare n. 103). Definito, quindi, il quadro sistematico della fattispecie, viene chiarito che tali soggetti riceveranno in una unica soluzione sia l’indennità di 200 euro che quella di 150 euro. In altre parole, autonomi e professionisti riscuoteranno:

  • 350 euro se il reddito complessivo prodotto nel 2021 non supera 20mila euro;
  • 200 euro se esso è compreso tra 20.001 e 35mila euro.

La stessa circolare chiarisce che l’indennità sarà erogata, previa presentazione di una apposita istanza, ai soggetti che alla data del 18 maggio 2022 risultavano iscritti alle seguenti gestioni dell’INPS:

1) artigiani;
2) esercenti attività commerciali;
3) gestione speciale per i coltivatori diretti e per i coloni e mezzadri;
4) pescatori autonomi;
5) liberi professionisti della gestione separata.

Dopo aver verificato il possesso dei requisiti richiesti dalla legge, quindi, gli interessati dovranno presentare entro il 30 novembre 2022 una specifica domanda attraverso uno dei tre canali indicati dalla circolare, ovvero:

  • il sito dell’INPS, accedendo con SPID, CIE o CNS;
  • il servizio di Contact Center dell’INPS;
  • un Patronato.

I professionisti iscritti alle Casse di previdenza private, invece, dovranno rivolgersi ai propri Enti di appartenenza, che provvederanno autonomamente all’erogazione dell’indennità con modalità analoghe a quelle previste per gli iscritti all’INPS.

Andrea Dili
Dottore Commercialista, esperto di Welfare Index PMI

Buoni pasto anche in smart working?

di Andrea Dili – Dottore Commercialista

Come noto i ticket restaurant, o più comunemente buoni pasto, sono dei coupon forniti dal datore di lavoro ai propri collaboratori al fine di usufruire di servizi sostitutivi di mensa.
A ben vedere si tratta di uno strumento molto diffuso, sia nelle grandi organizzazioni che nelle strutture di piccole dimensioni, vuoi per l’estrema semplicità di gestione vuoi, soprattutto, per i sostanziosi vantaggi fiscali che ne derivano. In via generale, infatti, i buoni pasto possono essere annoverati nella categoria dei fringe benefits, ovvero quelle forme di retribuzione in natura che, entro determinati limiti, non concorrono alla formazione del reddito imponibile del percettore.

In particolare, se per qualsiasi datore di lavoro – imprenditore o lavoratore autonomo – la spesa per l’acquisto dei buoi pasto costituisce un costo integralmente deducibile ai fini delle imposte sui redditi (come peraltro specificato dalla stessa Agenzia delle entrate nella circolare 6/E del 3 marzo 2009), per il lavoratore dipendente che ne beneficia esso rappresenta una utilità esclusa da tassazione, nei termini stabiliti dall’articolo 51, comma 3, lettera c) del TUIR, ovvero fino a un importo massimo di:

4 euro giornalieri se il buono pasto viene emesso in forma cartacea;
8 euro giornalieri se si tratta di ticket elettronico.

Analogamente, ai fini contributivi, i buoni pasto non costituiscono un elemento della retribuzione del lavoratore (sempreché accordi e contratti collettivi, anche aziendali, non dispongano diversamente), come statuito dall’articolo 6, comma 3 del Dl 11 luglio 1992 n. 333.
Si può pertanto facilmente intuire come l’utilizzo dei buoni pasto possa rappresentare anche una utile leva per rendere meno gravoso, o comunque ridurre, il divario tra l’ammontare lordo del costo del lavoro e quello netto della busta paga del dipendente (cosiddetto “cuneo fiscale), particolarmente rilevante nel nostro Paese.

Opportunità, è bene precisarlo, che può essere colta anche nel caso in cui i lavoratori beneficiari operino in modalità smart working: sul punto è interessante la precisazione fornita dall’Agenzia delle entrate in risposta a un interpello formulato da un ente bilaterale. Con la risposta n. 123 del 22 febbraio 2021, infatti, l’Agenzia ha chiarito che i buoni pasto possono essere attribuiti ai dipendenti (anche a tempo parziale) indipendentemente dal fatto che l’orario di lavoro contempli o meno una pausa pranzo. Per tali ragioni anche i lavoratori in smart working possono beneficiare della defiscalizzazione dei buoni pasto loro assegnati nei limiti generali sopra riportati.

Andrea Dili

Dottore Commercialista, esperto di Welfare Index PMI

Con le ultime modifiche, il bonus carburante è stato allargato anche agli studi professionali e al terzo settore.

di Andrea Dili – Dottore Commercialista

Dalla conversione in legge del Decreto Ucraina Bis (DL n. 21/2022) emerge una importante novità in relazione al cosiddetto “bonus carburanti” (o benzina): se infatti la formulazione originaria dell’articolo 2 del provvedimento circoscriveva l’accesso alla misura ai soli  lavoratori subordinati delle aziende private, ne viene ora previsto l’allargamento ai dipendenti degli studi professionali e degli enti del terzo settore. In buona sostanza, quindi, l’opportunità di percepire il bonus benzina spetta ai lavoratori dipendenti di tutti i datori di lavoro privati, indipendentemente dalla forma giuridica assunta da questi ultimi.

Per comprendere la portata della misura occorre preliminarmente definirne il perimetro, tratteggiato dalla norma sotto molteplici aspetti, ovvero:

  • in primo luogo l’ammontare, che per ciascun dipendente non potrà superare la somma di 200 euro, somma che dovrà essere erogata attraverso buoni benzina o titoli analoghi;
  • in secondo luogo la temporaneità, visto che il contributo è circoscritto all’anno solare 2022;
  • infine –  il punto certamente più rilevante – la non imponibilità del bonus ai fini del calcolo delle imposte sui redditi e della determinazione dei contributi previdenziali del percettore.

Va altresì chiarito che non si tratta di una indennità necessariamente dovuta, ma di una liberalità che il datore di lavoro potrà o meno concedere ai propri dipendenti: in tal senso, lo strumento, è assimilabile a un fringe benefit. Non si tratta, quindi di una concessione obbligatoria, ma di un bonus che può essere erogato su libera iniziativa del datore di lavoro. Ne consegue che il contributo in esame non dovrà essere necessariamente assegnato alla generalità dei dipendenti o a specifiche categorie di essi, ma che potrà essere erogato anche a singoli lavoratori. Va tuttavia rilevato che lo stesso contributo potrebbe essere oggetto di trattativa sindacale o attribuito nell’ambito di accordi di welfare aziendale. 

In ogni caso, l’aspetto più vantaggioso risiede nel fatto che se il contributo non concorre alla formazione del reddito del lavoratore ai sensi dell’articolo 51 comma 3 del TUIR, per il datore di lavoro costituisce un costo (o spesa) integralmente deducibile sia ai fini Ires che Irpef. Senza contare che il bonus benzina non dovrà essere incluso nel calcolo del limite di non imponibilità generale dei fringe benefit, individuato dalla medesima norma nell’ammontare massimo di 258,23 euro: sul piano fiscale, quindi, le due misure potranno essere cumulate senza aggravio di imposte per il percettore.

Andrea Dili

Dottore Commercialista, esperto di Welfare Index PMI

Dal Decreto Aiuti un bonus forfettario di 200 euro per dipendenti e partite iva: come erogarlo e come recuperarlo.

di Andrea Dili – Dottore Commercialista

Al fine di moderare gli effetti del caro prezzi dei primi mesi del 2022, il Decreto Aiuti (DL 17 maggio 2022, n. 50) ha istituito una specifica indennità una tantum a favore delle persone fisiche. In particolare, gli articoli 31, 32 e 33 del decreto assegnano tale indennità a una diffusa platea di soggetti, ovvero:

1) lavoratori dipendenti;
2) lavoratori autonomi e professionisti iscritti alle gestioni INPS;
3) professionisti iscritti alle Casse di previdenza autonome;
4) pensionati;
5) lavoratori domestici;
6) percettori di Naspi, Dis-Coll e indennità di disoccupazione agricola;
7) collaboratori coordinati e continuativi;
8) lavoratori stagionali;
9) lavoratori sportivi;
10) lavoratori intermittenti;
11) lavoratori dello spettacolo;
12) lavoratori occasionali;
13) incaricati alle vendite a domicilio;
14) beneficiari del reddito di cittadinanza.

A ben vedere, quindi, potranno accedere alla misura la maggior parte dei lavoratori e pensionati italiani, tant’è che si stimano ben 31,5 milioni di beneficiari.

Per ottenere l’indennità vengono previste procedure diverse a seconda della categoria di appartenenza. Se, infatti, pensionati, disoccupati, beneficiari del reddito di cittadinanza e lavoratori stagionali del turismo, degli stabilimenti termali, dello spettacolo e dello sport percepiranno la somma automaticamente, i lavoratori dipendenti dovranno preventivamente inviare una apposita autodichiarazione al proprio datore di lavoro, mentre gli appartenenti alle altre categorie potranno ricevere l’indennità soltanto dopo aver presentato una specifica domanda.

In questa sede è opportuno soffermarsi sui requisiti e sulle modalità operative che dovranno essere seguite da lavoratori dipendenti e autonomi, che rappresentano, insieme ai pensionati, la grande maggioranza dei destinatari della misura.
Per quanto riguarda i lavoratori dipendenti il bonus viene fissato in un ammontare forfettario di 200 euro, da erogare, a cura dei datori di lavoro, con la mensilità di luglio. Le somme così liquidate saranno recuperate dai datori di lavoro attraverso la denuncia contributiva Uniemens dello stesso mese.

Relativamente ai requisiti soggettivi, viene specificato che potranno accedere all’indennità i lavoratori dipendenti che, relativamente ad almeno uno dei primi quattro mesi del 2022, hanno usufruito dell’esonero previdenziale (0,8 punti percentuali) previsto dal comma 121 dell’articolo 1 della legge di Bilancio dello Stato per il 2022 (legge 30 dicembre 2021, n. 234). Tale norma circoscrive il novero dei beneficiari a coloro che conseguono una retribuzione imponibile ai fini contributivi (parametrata su base mensile per tredici mensilità) non superiore a 2.692 euro mensili. Come accennato, il lavoratore che soddisfa il predetto requisito dovrà comunicare al proprio datore di lavoro di avere diritto alla predetta indennità, rilasciando una apposita dichiarazione, in cui dovrà essere specificato di non aver già percepito la somma e di non averla comunque richiesta ad altri datori di lavoro. Tale dichiarazione si rende necessaria poiché lo stesso lavoratore potrebbe aver maturato il diritto al bonus in virtù della titolarità di ulteriori posizioni riconosciute dalla norma: è bene precisare, infatti, che per ciascuna persona fisica il riconoscimento dell’indennità può avvenire una sola volta. Ricevuta l’autodichiarazione il datore di lavoro procederà alla erogazione della somma.

A differenza delle altre categorie di beneficiari, per i lavoratori autonomi e i professionisti non vengono specificati né i requisiti di accesso né l’ammontare dell’indennità. La norma, infatti, si limita a istituire un “Fondo per il sostegno del potere di acquisto dei lavoratori autonomi”, con una dotazione finanziaria di 500 milioni di euro. Quindi per i lavoratori autonomi e i professionisti iscritti alle gestioni INPS (titolari di partita iva iscritti alla gestione separata, artigiani e commercianti, agricoltori) e i professionisti iscritti alle Casse di previdenza autonome il diritto di percepire l’indennità scatterà a condizione di avere percepito nel 2021 un reddito non superiore al valore stabilito con un apposito decreto del Ministro del lavoro di concerto con il Ministro dell’economia. Con il medesimo decreto dovranno essere definiti i criteri e le modalità per la concessione dell’indennità, che presumibilmente ricalcheranno quelli recentemente utilizzati per gestire l’erogazione delle misure economiche di contrasto alla pandemia Covid-19.

Occorre sottolineare, infine, come tali indennità non concorreranno, ai fini fiscali, alla determinazione del reddito imponibile dei percettori, qualificandosi, quindi, somme esenti da imposta.

Andrea Dili
Dottore Commercialista, esperto di Welfare Index PMI