Estratto del Rapporto 2020 | Focus sull’agricoltura sociale

Fin dalla sua prima edizione nel 2016 Welfare Index PMI dedica una sezione speciale all’agricoltura sociale. Si tratta di un ambito di particolare interesse per il welfare aziendale, nonché un terreno di innovazione per le politiche e le pratiche di coinvolgimento dei lavoratori. Attraverso l’attività agricola, cui si associano una pluralità di iniziative specifiche, le organizzazioni dell’agricoltura sociale favoriscono l’inclusione lavorativa e il benessere fisico, psicologico e sociale delle persone, in primis quelle svantaggiate.

L’edizione 2020 dell’indagine, condotta con il supporto di Rete Fattorie Sociali e con la somministrazione di un questionario ad hoc, ha visto la partecipazione di 46 organizzazioni. Gli ambiti di intervento dell’agricoltura sociale sono quattro (FIGURA 81):

inserimento socio-lavorativo di persone svantaggiate (in situazione di fragilità): riguarda il 78,7% delle organizzazioni partecipanti all’indagine;
attività educative e ludico-ricreative (61,7%): sono incluse iniziative diverse, che spaziano dall’educazione educazione ambientale alle fattorie sociali e didattiche fino alla salvaguardia della biodiversità;
area socio-assistenziale (61,7%): si tratta di servizi e prestazioni sociali per le comunità locali che hanno come obiettivo la promozione dello sviluppo di abilità e di inclusione sociale;
area socio-sanitaria (36,2%): comprende prestazioni a supporto delle terapie mediche, psicologiche e riabilitative atte a migliorare le condizioni di salute e le funzioni sociali, emotive e cognitive dei soggetti interessati.

Figura 81

Le organizzazioni dell’agricoltura sociale sono spesso in grado di presidiare più aree di attività allo stesso tempo: il 17% tutte e quattro le aree, il 36,2% tre, il 17% due. Solo il 29,9% dei soggetti intervistati sono specializzati in un solo ambito.

Tra le attività caratteristiche dell’agricoltura sociale, i servizi diurni per persone in situazione di fragilità sono le più praticate: dall’83,0% delle strutture. 63,8% sono attive nella formazione, 57,4% hanno creato una fattoria didattica. Circa la metà delle organizzazioni offrono servizi di supporto ai processi riabilitativi tramite la coterapia, 46,8% si occupano di educazione ambientale e una percentuale analoga organizza centri estivi. Tra le altre attività si possono citare il turismo agricolo-sociale, l’accoglienza residenziale per persone svantaggiate, i servizi per l’infanzia come agrinido e agriasilo.

La domanda che si rivolge all’agricoltura sociale è molteplice e spesso le organizzazioni offrono i propri servizi a una pluralità di soggetti (FIGURA 83): il 38,2% a sei o più categorie, il 68,4% a più di tre. Le categorie più presenti sono le persone con disabilità mentale (83,0%) e fisica (63,8%), i minori in situazione di disagio (55,3%), gli immigrati e i rifugiati (53,2%), i tossicodipendenti o ex tossicodipendenti (44,7%); inoltre nel 42,6% dei casi l’agricoltura sociale offre opportunità di inserimento a disoccupati di lungo corso.

Figura 83

L’agricoltura sociale svolge storicamente anche un ruolo attivo sul territorio, creando reti con altri soggetti pubblici e privati e supportando iniziative rivolte all’intera comunità: in particolare l’80,9% organizzano o partecipano all’organizzazione di eventi ricreativi e culturali e il 34% offrono supporto a iniziative di volontariato (FIGURA 84).

Figura 84

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Buone pratiche di Welfare Aziendale: Sisifo, obiettivo salute

“Tra le motivazioni principali che ci hanno portato a sviluppare servizi di welfare, c’è sicuramente il desiderio di fidelizzare sempre più i nostri lavoratori, ma anche riconoscere delle opportunità di sostegno alla persona, dalla conciliazione vita-lavoro al sostegno economico dei nostri lavoratori.”

– Gianvito Greco, Ufficio Progetti e Ricerca

 

Dal 2001 il Consorzio Sisifo gestisce servizi di Assistenza Domiciliare Integrata (A.D.I.) e Assistenza Domiciliare ai Malati Terminali (A.D.M.T.) che necessitano di cure palliative in molte province della Sicilia, ed eroga prestazioni mediche, infermieristiche, riabilitative, logopedistiche e socio-assistenziali. Si tratta di servizi legati ai bisogni della persona e il Consorzio si propone di favorire e sviluppare l’integrazione socio-sanitaria.

Il sistema di welfare si concretizza in una piattaforma e nel riconoscimento di un borsellino aziendale di servizi di welfare il cui ammontare è raddoppiato negli ultimi 3 anni.

La piattaforma permette di ottenere rimborsi sia per fringe benefit, che per spese familiari, spese di trasporto, formazione dei lavoratori e dei loro familiari, ma anche buoni per viaggi e altre attività più ludiche. I servizi più utilizzati sono quelli relativi alle spese di famiglia, e oltre a quelli previsti specificamente dal portale è possibile sostenere delle spese tracciate e ottenerne il rimborso tramite la piattaforma.

Inoltre è attiva una sanità integrativa, l’azienda aderisce ad una mutua, che dà diritto al riconoscimento del rimborso dei ticket sanitari – ad esempio per i ticket per prestazioni specialistiche o diagnostiche c’è la possibilità di un rimborso fino a una quota considerevole. Sisifo sostiene l’Ail (Associazione Italiana Leucemia), partecipando anche alla raccolta fondi nelle piazze.

L’azienda è impegnata con donazioni per la ricerca e sostiene attivamente anche altre associazioni per la fibrosi cistica e ha donato due apparecchi per interventi cardiologici salvavita ad una associazione sportiva in un quartiere a rischio di Catania.

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Per le imprese un nuovo contributo a fondo perduto

di Andrea Dili – Dottore Commercialista, esperto di Welfare Index PMI

Il quadro delle misure economiche finalizzate a limitare gli effetti della pandemia COVID-19 è stato significativamente aggiornato dai quattro decreti “Ristori” varati tra il 27 ottobre e il 30 novembre 2020.

Il nuovo pacchetto di strumenti di sostegno alle imprese prevede una pluralità di interventi, tra i quali assumono particolare rilievo: l’estensione del credito d’imposta sui canoni di locazione degli immobili e di affitto d’azienda, la cancellazione della seconda rata dell’IMU, il differimento dei versamenti delle imposte e dei contributi previdenziali in scadenza a dicembre e, infine, l’attribuzione di un contributo a fondo perduto analogo a quello previsto dal decreto “Rilancio” dello scorso maggio.

Proprio quest’ultima misura, considerando le novità rispetto al precedente di maggio, merita uno specifico approfondimento, focalizzato sulla definizione dei requisiti per l’accesso, delle modalità di calcolo e della procedura per l’incasso.

La platea dei beneficiari

La platea dei beneficiari viene individuata in coloro (persone fisiche e soggetti diversi dalle persone fisiche) che, essendo titolari di una partita iva attiva alla data del 25 ottobre 2020, esercitano in via prevalente le attività direttamente colpite dalle restrizioni fissate dal DPCM dello scorso 3 novembre. In particolare, il contributo è esigibile:

Il requisito del calo del fatturato

Il contributo è assegnato soltanto agli operatori economici che dimostrino di aver subito danni rilevanti a causa dell’emergenza COVID-19: tale condizione si verifica per le imprese che ad aprile 2020 hanno realizzato un fatturato inferiore ai due terzi di quello conseguito nello stesso mese del 2019. Il soddisfacimento del requisito, ovviamente, non è richiesto a chi ha iniziato l’attività a far data dal primo gennaio 2019: tali soggetti, infatti, ricevono il contributo indipendentemente dal valore del fatturato acquisito.

L’ammontare del contributo

Il calcolo dell’ammontare del contributo richiede un procedimento piuttosto articolato, basato sulla determinazione delle seguenti variabili:

a) la differenza tra il fatturato di aprile 2019 e quello di aprile 2020;

b) un coefficiente dimensionale, individuato in una percentuale variabile a seconda del volume dei ricavi realizzati nell’esercizio in corso al 19 maggio 2019, ovvero:

        • 20% se essi non superano 400mila euro;
        • 15% se oltrepassano 400mila euro ma non 1 milione di euro;
        • 10% se sono maggiori di 1 milione di euro;

c) un coefficiente settoriale, determinato applicando le percentuali – variabili tra il 50% e il 400% – assegnate ai codici Ateco individuati nei summenzionati allegati.

L’ammontare del contributo cui si ha diritto viene determinato moltiplicando il valore di cui alla lettera a) per le percentuali di cui alle lettere b) e c).

Infine, va tenuto conto del massimale e dei minimali fissati dalla legge: se il contributo assegnato non può superare il valore di 150mila euro, viene previsto che in ogni caso alle persone fisiche spetti un ammontare minimo di mille euro e ai soggetti diversi dalle persone fisiche di 2mila euro. Questi ultimi valori saranno “rivalutati” applicando lo specifico coefficiente settoriale con le modalità sopra descritte.

Come richiedere il contributo

Coloro che hanno incassato il contributo a fondo perduto previsto dal decreto Rilancio di maggio riceveranno il nuovo ammontare direttamente sul proprio conto corrente, senza bisogno di richiederlo.

I soggetti che, invece, non hanno percepito il fondo perduto di maggio dovranno presentare una apposita istanza attraverso i canali telematici dell’Agenzia delle Entrate, che, una volta ricevuta la domanda, provvederà a liquidare il contributo sul conto corrente del beneficiario.

Qui sotto la tabella che spiega come calcolare il contributo.

Su Whatsapp i videomessaggi del Presidente e CEO

“Riteniamo che uno dei presupposti fondamentali per una positiva ripartenza sia l’engagement del personale, la sua centralità nelle strategie aziendali.”

– Andrea del Rizzo, HR Director

Brovedani Group ha seguito fin dagli albori l’evoluzione della pandemia, attraverso delle relazioni di business che il Gruppo detiene con partner internazionali che hanno stabilimenti in Asia. Chiusa durante il lockdown, poiché il codice Ateco non figurava tra gli essenziali, l’azienda ha dovuto richiedere la Cassa Integrazione, e ne ha anticipato l’erogazione. Nonostante le difficoltà del momento, è stato distribuito sia l’importo welfare previsto dal CCNL sia l’importo a titolo di Premio di Risultato sotto forma di Welfare. Durante l’emergenza è stato attivato un indirizzo mail per inviare messaggi alla Direzione e creato un gruppo Whatsapp con tutti i dipendenti, all’interno del quale il Presidente e CEO ha potuto inviare videomessaggi sull’andamento della pandemia e sulle attività che l’Azienda si accingeva a porre in essere. Nondimeno, tutto l’ufficio HR si è reso disponibile ad effettuare call di supporto psicologico ai dipendenti che ne facessero richiesta.

In due mesi sono stati registrati circa 350 contatti su Whatsapp e altrettante telefonate tra i dipendenti e l’ufficio HR. Sviluppati anche eventi formativi quotidiani online, con docenti interni, su varie tematiche, per un totale di oltre 42.000 ore di formazione. Le persone parlavano di una componente del proprio lavoro o comunque di un ambito di cui sono esperti, ed è servito anche e soprattutto a rafforzare il legame tra colleghi durante il lockdown. In questo periodo Brovedani sta approfondendo le analisi per sviluppare percorsi strutturali di smart working, che presumono un deciso cambiamento anche nelle modalità di gestione del personale oltre che dei flussi operativi. Lo smart working infatti può portare ad importanti incrementi di produttività ed a sensibili miglioramenti del clima aziendale, se gestito correttamente anche dal punto di vista culturale e allineato ad un nuovo modo di lavorare di molti colleghi.

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Estratto del Rapporto 2020 | Giovani, formazione, mobilità sociale

Il 45% delle imprese hanno avviato iniziative di formazione e di sostegno alla mobilità delle giovani generazioni. La percentuale è stabile rispetto al 2019 ma nei cinque anni quest’area ha visto una forte accelerazione (FIGURA 74). È un’area destinata a crescere e a caratterizzare le politiche aziendali: il 60,3% delle aziende dichiarano di considerarla una priorità nella crescita futura del welfare aziendale, e nel 2020 l’11,2% delle PMI hanno lanciato nuove iniziative o potenziato quelle esistenti. Le iniziative sono raggruppabili in tre ambiti:

• formazione specialistica professionale;
• formazione extra professionale;
• sostegno all’istruzione di figli e familiari.

Figura 74

La formazione professionale è l’attività più diffusa, praticata dal 39% delle PMI, in continua crescita dal 2016 (32,2%). Si tratta dei soli corsi attuati dalle imprese per scelta autonoma, senza obblighi di legge o contrattuali. L’iniziativa prevalente è la formazione professionale specialistica avanzata, attuata dal 34,3% delle PMI. Seguono l’offerta di partecipazione a convegni e giornate studio, praticata dal 21,4%, e infine, meno diffusa, la formazione linguistica, offerta dal 6,4% (FIGURA 75).

Figura 75

La formazione extra-professionale è di grande importanza, perché rafforza il background culturale dei lavoratori e ne agevola la mobilità professionale e sociale, tuttavia resta poco diffusa e vede una crescita lenta ma costante: il tasso di attività è aumentato dal 2,8% nel 2016 al 4,9% nel 2020 (FIGURA 76).

Figura 76

Le iniziative attuate sono:
• corsi e attività formative di vario genere, dalla musica al teatro alla cultura in senso lato (1,5%);
• master e business school (1,9%);
• borse di studio per i dipendenti (1,3%);
• viaggi di studio all’estero (1%).

Per molte imprese l’emergenza sanitaria è stata l’occasione per sviluppare la formazione a distanza, sia professionale sia extraprofessionale. Sono state attivate piattaforme e attuati webinar con docenti esterni. In molti casi sono stati utilizzati nella didattica dipendenti esperti e con competenze riconosciute. In altri casi sono stati offerti corsi legati al tempo libero, che spaziano dall’uso dei social media alla letteratura, da lezioni di musica a visite virtuali in città d’arte e musei, da corsi di yoga e fitness alla cucina regionale. Le storie aziendali presentate alla fine di questo rapporto illustrano una ricchezza di iniziative che hanno favorito la crescita dei lavoratori, sviluppando tanto le competenze tecniche quanto le soft skills, e generando vicinanza in un momento di particolare rischio di isolamento. Il terzo ambito di intervento, il sostegno all’istruzione di figli e familiari, è in fase iniziale ma cresce in modo rilevante. Il tasso di iniziativa è aumentato nei cinque anni dall’1% del 2016 all’attuale 5,8% (FIGURA 77).

Figura 77

Ne fanno parte i rimborsi delle spese sostenute dalle famiglie per l’istruzione dei figli, tra cui:
• rette di iscrizione per asilo nido e scuola materna (2%), per la scuola primaria e secondaria (2,5%), per studi universitari e master (2,1%);
• libri di testo e materiali didattici (2,8%, in forte crescita);
• servizi accessori come mense e trasporto (1,5%);
• viaggi di studio (1,1%).

Accanto ai rimborsi sono presenti, seppure in misura limitata, servizi di orientamento scolastico o professionale (1% delle aziende) e riconoscimenti al merito scolastico con borse di studio offerte dalle imprese ai figli dei lavoratori (1,1%). Anche in quest’ambito durante la crisi sanitaria le imprese hanno attuato iniziative straordinarie di supporto alle famiglie dei dipendenti, fornendo attrezzatura per la didattica a distanza (PC, tablet, connessione a internet, accesso a stampanti o scanner), convenzioni per l’acquisto di strumenti tecnici, e organizzando iniziative di coinvolgimento telematico dei più piccoli. Concludiamo questa sezione con alcuni dati che sottolineano la centralità dei problemi dell’educazione e della mobilità sociale per la crescita del Paese. In Italia nel 2019 i diplomati nella fascia da 25 a 64 anni sono il 62,2% della popolazione, una quota molto inferiore al livello medio europeo (78,7%) e dei paesi maggiori (FIGURA 78).

Figura 78

Il divario nel tasso di occupazione dei giovani a tre anni dal conseguimento del titolo di studio è enorme: 58,7% in Italia, 81,5% la media europea, 92,7% in Germania (FIGURA 79).

Figura 79

I giovani italiani perdono opportunità educative, soprattutto nell’istruzione di alto livello, incontrano maggiori difficoltà di inserimento nel lavoro, dopo l’inserimento hanno minori chances di crescita professionale. I Neet, giovani che non studiano, non lavorano né sono inseriti in un percorso di ricerca del lavoro, sono in Italia il 22,2%: il doppio della media UE e il triplo della Germania (FIGURA 80). È evidente la necessità di sostenere il sistema educativo, ma non si tratta solo di questo: occorre aiutare le famiglie contrastando il fenomeno dell’abbandono scolastico, indirizzando i figli alle scelte scolastiche e professionali più opportune, premiando il merito e i percorsi virtuosi, riqualificando i giovani esclusi dal sistema produttivo. Il welfare aziendale, grazie alla vicinanza delle imprese alle famiglie, può dare alle famiglie un contributo determinate. Certamente deve essere incoraggiato a farlo, perché le iniziative in quest’area sono ancora molto limitate, ma soprattutto dovrebbe ricevere un indirizzo ed un supporto sistematico dalle istituzioni educative, rafforzando la cooperazione tra le imprese, la scuola e l’università.

Figura 80

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