Welfare aziendale: differenti i settori, diversi gli approcci

Il WELFARE AZIENDALE nelle PMI è ormai un punto d’interesse di ogni realtà lavorativa, indipendentemente dal settore di riferimento.

Per l’impresa ed il lavoratore può fare la differenza, sia che si parli di Agricoltura, dove è forte il legame tra impresa e territorio, sia che si tratti di Studi Professionali; settore con quasi il 90% di dipendenti donne e più del 50% con meno di 40 anni (leggi l’intervista di Gaetano Stella).

Ma possiamo definirlo trasversale ed universale? Industria, Agricoltura, Commercio e Servizi, Artigianato e Professioni hanno peculiarità differenti che generano un approccio diverso rispetto alle iniziative di welfare aziendale da mettere in atto.

Ognuno ha una sua storia, un suo percorso e delle caratteristiche che producono realtà diverse e portano inevitabilmente le imprese appartenenti ad un settore produttivo, ad un modo distinto di “fare Welfare” rispetto alle PMI di un diverso settore.

Possiamo perciò dire che il Welfare è universale, ma il modo in cui viene calato all’interno di ogni realtà di settore e di PMI deve essere unico.
Con un’accurata ricerca ed un’attenta analisi sarà semplice per la PMI individuare quelle azioni di welfare aziendale che, nel proprio settore e per la propria azienda, saranno capaci di rispecchiare e soprattutto soddisfare l’impresa e i lavoratori. Ogni settore, anche se con caratteristiche peculiari e differenti, può trarre dal welfare aziendale vantaggi economici diretti, di business a lungo termine e di mercato.

Insomma, ogni settore ha il proprio ma… l’importante è fare Welfare!

Welfare: l’economia del benessere anche nelle PMI

Il Welfare piace alle grandi aziende che, ormai, se ne fanno portabandiera ma oggi, anche le piccole e medie imprese italiane gli strizzano l’occhio. Tuttavia per realizzare un buon piano Welfare nelle PMI, o per capire se quello che abbiamo funziona, è meglio fare un passo indietro.

Cos’è oggi il “Welfare aziendale”? Lo possiamo definire come l’insieme di iniziative e servizi che le aziende possono realizzare per la sicurezza ed il benessere dei propri lavoratori, delle loro famiglie e della comunità.

L’impresa quindi ha bisogno, prima di tutto, di conoscere e capire la realtà dei propri dipendenti, e poi, di progettare e realizzare quanto necessario per incontrare quelle esigenze e quelle necessità, provenienti dai campi più svariati: dall’accesso al credito all’assistenza sanitaria, dalla necessità di cure mediche al tempo libero, e così via. Conoscere per fare e progettare per fare bene! E naturalmente… per crescere. Sì, perché un buon Piano Welfare fa crescere l’azienda.

A beneficiarne infatti non sono solo i lavoratori ma l’impresa stessa che può ottenerne importanti vantaggi: dalle defiscalizzazioni e decontribuzioni, fino all’aumento di produttività; oltre ad una maggiore attrattività nel mercato del lavoro.

I Piani di Welfare ormai si sono inseriti a pieno titolo anche nella realtà delle PMI, indipendentemente dai settori di attività, e stanno acquisendo una crescente importanza. Impossibile quindi stare senza!

Rapporto 2016. Il welfare e la previdenza complementare

Il Rapporto 2016 Welfare Index Pmi, realizzato attraverso una ricerca condotta su 2.140 aziende dei tre settori produttivi: industria, commercio e servizi e agricoltura ha esaminato in dettaglio le iniziative che compongono le 10 aree del welfare aziendale.

Un terzo delle PMI prevede contributi aggiuntivi a carico dell’azienda ai fondi di previdenza complementare. Il 15,9% ha aderito ad assicurazioni previdenziali o a fondi previdenziali aziendali o a fondi aperti. Nell’88,9% dei casi le iniziative sono a beneficio di tutti i lavoratori, ma un 11% delle imprese ha previsto benefit previdenziali per i soli dirigenti o responsabili aziendali. Nel 78,2% dei casi le imprese si limitano ad attuare i contratti di categoria, il 9,7% delle imprese hanno previsto benefit previdenziali nel contratto integrativo aziendale, il 12,1% hanno attuato iniziative unilaterali.

Welfare su misura per ogni settore. Intervista a Gaetano Stella, Presidente di Confprofessioni

Per il mondo delle Professioni – ha dichiarato Gaetano Stella, presidente di Confprofessioniserve un welfare che tenga conto delle specificità del nostro settore, dove quasi il 90% della popolazione dei dipendenti è composto da donne e più del 50% ha meno di 40 anni di età”.

Presidente Stella, quanti sono oggi i professionisti in Italia e com’è cambiata nell’ultimo periodo la fotografia degli occupati in questo settore?

In Italia abbiamo circa 1milione e 400mila liberi professionisti ordinisti appartenenti alle quattro aree principali: economica (dottori commercialisti, revisori e consulenti del lavoro), sanitaria (medici, dentisti, psicologi, veterinari, ecc.) giuridica (avvocati e notai) e tecnica (ingegneri, architetti, periti industriali, agronomi, ecc). A questi dobbiamo aggiungere circa 1milione e mezzo di appartenenti alle cosiddette professioni non ordiniste, mi riferisco ad esempio a quelle nuove nel campo del benessere e dell’informatica che, al contrario delle prime, hanno registrato negli ultimi anni un aumento più significativo. Inoltre, se consideriamo anche dipendenti degli studi professionali, collaboratori, tirocinanti, praticanti e partite iva arriviamo a un totale di circa 4milioni.

Qual è la dimensione media di uno studio professionale?

La media è di 2.5 dipendenti per studio professionale. Il mondo delle libere-professioni sta cambiando faccia, sono in aumento gli studi associati e le cooperative anche se bisogna notare che il fenomeno è diverso tra grandi e piccole città. Nelle prime le aggregazioni tra studi sono più facili mentre nelle piccole continuano ad operare micro-realtà.

Quali sono le caratteristiche specifiche del settore degli studi professionali di cui tenere conto anche nei servizi di welfare?

Le caratteristiche fondamentali sono due: quasi il 90% della popolazione dei dipendenti del nostro settore è composto da donne e più del 50% ha meno di 40 anni di età. Un’altra specificità è che il nostro contratto collettivo è utilizzato ancora come una modalità di ingresso nel mondo del lavoro. Tuttavia, grazie anche all’evoluzione del contratto collettivo, che ha previsto coperture più ampie, si è verificata una maggiore stabilizzazione dei lavoratori. Date queste due caratteristiche fondamentali, nel contratto collettivo abbiamo creato dei meccanismi in grado di favorire la conciliazione dei tempi di vita e lavoro, ad esempio dando grande rilevanza alla tutela della maternità e alla prevenzione in ambito sanitario.

Quindi Presidente, il contratto collettivo per gli studi professionali prevede già servizi di welfare?

Sì, abbiamo previsto una serie di misure di welfare a favore del lavoratore: assistenza sanitaria integrativa, formazione, interventi per la sicurezza dei luoghi di lavoro e diamo anche un contributo al datore di lavoro che incentiva lo smart working, favorendo dunque la conciliazione tra vita e lavoro.

A quali bisogni del lavoratore avete cercato di rispondere integrando l’offerta di welfare nel contratto collettivo?

Già nel 2001 siamo stati il primo contratto collettivo in Italia a prevedere al suo interno l’assistenza sanitaria integrativa: le convenzioni previste nella polizza sono identiche per il lavoratore di una grande realtà del nord e per quello di un piccolo studio del sud. La sfida principale è stata dunque offrire un tipo di welfare che potesse essere valido e applicabile sia per il piccolo che per il grande studio, per questo abbiamo scelto delle polizze collettive.

Può illustrarci qualche altra misura specifica del settore?

Ad esempio nell’ultimo contratto collettivo abbiamo previsto delle misure di welfare anche per il datore di lavoro offrendo anche a questa figura l’assistenza sanitaria integrativa pagando un piccolo contributo. Anche in questo caso si tratta di una misura unica all’interno di un contratto collettivo nazionale.

Quanto secondo Lei, le nuove normative e gli sgravi fiscali sono stati utili per il vostro settore?

Francamente non del tutto. La realtà di uno studio professionale è molto diversa da quella di un’impresa. I modelli di welfare presi in esame dalla normativa sono più adatti alla grande impresa del settore industria. In altre parole, i parametri di riferimento per l’eventuale detassazione nel caso in cui il premio di produttività sia trasformato in servizi di welfare, sono legati a parametri che vanno bene per la grande impresa ma meno per lo studio professionale dove è difficile misurare la produttività.

In che modo il legislatore potrebbe rendere più fruibile l’offerta di welfare?

Dobbiamo trovare delle modalità più semplici e specifiche per individuare dei parametri di riferimento adatti alle attività professionali e di erogazione dei servizi, altrimenti si rischia di isolare ed escludere un settore come il nostro.

Qual è l’importanza di prevedere per le piccole/micro imprese “reti territoriali” per offrire servizi di welfare? Conosce esempi specifici di studi che si sono associati per dare servizi di welfare?

Abbiamo stipulato degli accordi a Roma e a Milano con grossi studi legali associati che oltre ad avere molti dipendenti si avvalgono anche di professionisti iscritti all’ordine in mono-committenza e titolari di p.iva. Questi studi hanno voluto riconoscere a tali soggetti la copertura integrativa sanitaria alla pari di quella dedicata ai datori di lavoro.

Quest’anno è tra i promotori del progetto Welfare Index PMI. Perché credete nel progetto e cosa vi ha spinto a prendervi parte?

Abbiamo aderito con entusiasmo perché il confronto con gli altri soggetti è molto importante ed è anche fondamentale creare delle sinergie in tutto il territorio. Mettere insieme le eccellenze per migliorare il welfare e dare una spinta positiva per la sua diffusione è uno dei motivi principali per il quale abbiamo aderito.

Panzeri: capacità creative e organizzative a servizio della comunità

L’8 marzo scorso, Panzeri azienda con sede a Bulciago in provincia di Lecco e con più di 50 anni di esperienza nella produzione di rondelle ed elementi di fissaggio, si è aggiudicata il 3° premio Welfare Index PMI 2016 nel settore Industria.

Un riconoscimento che conferma la volontà dell’impresa di integrare l’azienda con il territorio. Sono infatti molteplici le iniziative promosse da quest’azienda, oggi gestita dalla seconda generazione, che, negli anni è riuscita ad elevare la qualità in termini di ricerca tecnologica e certificazione. Le attività di welfare che l’azienda offre sono legate all’integrazione dell’impresa stessa, dei suoi dipendenti e delle loro famiglie nel territorio in cui ha sede. In questo senso Panzeri, ha provveduto alla ristrutturazione di un edificio abbandonato per trasformarlo in una scuola materna e nido, aperto non solo ai propri dipendenti, ma all’intera cittadinanza. Un’attenzione speciale, inoltre è stata data alle attività ricreative e sportive, attraverso l’adeguamento di un campo di calcio e con la creazione di una scuola calcio di bambini e l’organizzazione a corsi di sci e snowboard.

Infine, sempre grazie all’azienda è stata creata la corale del paese. Molto rilievo ha infine anche la collaborazione nella realizzazione e nella gestione di attività di supporto ai volontari che operano nel settore dell’handicap motorio e psichico affinché sviluppino capacità manageriali per la gestione efficiente delle loro organizzazioni. Il sistema di welfare messo in atto da Panzeri mostra attenzione e cura verso le persone considerate una componente fondamentale di tutto il territorio.

Agenzia delle Entrate: la polizza assicurativa per coprire prestazioni di assistenza sanitaria

Con risposta ad interpello n. 904-1532/2016 l’Agenzia delle Entrate si è di recente pronunciata sulla possibilità da parte dei datori di lavoro di offrire alla generalità o categorie di dipendenti una specifica polizza assicurativa di assistenza sanitaria che preveda per i beneficiari e i loro familiari esclusivamente prestazioni di servizi da parte di strutture sanitarie convenzionate, senza quindi risarcimenti e/o rimborsi di spese per prestazioni, usufruendo del regime di esenzione da imposizione sul reddito da lavoro dipendente previsto dall’art. 51, comma 2, lettera f) del TUIR in relazione ai servizi di assistenza sanitaria.

Secondo l’istante tra i predetti servizi, accanto a quelli già contemplati che prevedono la messa a disposizione diretta dei dipendenti di strutture sanitarie oppure il ricorso a strutture esterne con le quali il datore di lavoro stipula specifiche convenzioni, ben può rientrare la sottoscrizione di specifiche polizze di assistenza sanitaria in forma esclusivamente diretta, ove i dipendenti si avvalgono di strutture convenzionate con la Compagnia assicurativa. In questo caso, al fine di godere delle agevolazioni fiscali, non è necessario l’intervento di un ente o cassa avente esclusivamente fine assistenziale.

L’Agenzia delle Entrate conferma invece che nel caso di specie è inapplicabile il regime di esclusione da imposizione sul reddito da lavoro dipendente poiché i premi assicurativi sono posti a carico del datore di lavoro ed i dipendenti interessati dal rapporto assicurativo non sono contraenti in senso tecnico ma terzi assicurati, ragion per cui l’importo corrispondente ai premi pagati dal datore di lavoro in nome proprio e per conto di ciascun dipendente-assicurato costituisce reddito quale “valore” percepito in relazione al rapporto di lavoro. Infatti già la circolare del 23 dicembre 1997, n. 326, aveva ricompreso, tra le somme ed i valori soggetti ad imposizione in quanto riconducibili al rapporto lavorativo, i premi per assicurazioni sanitarie pagati dal datore di lavoro.

Peraltro, la posizione di svantaggio fiscale che, nell’ambito del Welfare aziendale, occupano tutte le polizze assicurative, i cui premi pagati dal datore di lavoro a favore dei propri dipendenti sono normalmente soggette ad imposizione, è stata almeno in parte superata dalla recente Legge di Bilancio per il 2017 (legge n. 232/2016) che, al comma 161 dell’articolo unico, ha stabilito che non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente i contributi e i premi assicurativi versati dal datore di lavoro, a vantaggio della generalità o categorie di dipendenti, per prestazioni, anche in forma assicurativa, aventi per oggetto il rischio di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana o il rischio di gravi patologie.

Claudio Della Monica
Consulente del Lavoro – Della Monica & Partners srl STP