Siropack Italia, tutti a scuola!

“Oggi abbiamo 10 iniziative, fra un anno ne avremo 15, fra un anno ancora 20, è come una macchia d’olio che si deve allargare sempre di più.”

Barbara Burioli, legale rappresentante

 

➝ Obiettivo delle iniziative: formare, attirare e trattenere capitale umano qualificato.

Un’azienda giovane, dove l’età media dei dipendenti è 30 anni e il turn-over è bassissimo. Da circa due anni l’azienda investe in un sistema di welfare flessibile che tiene conto delle esigenze dei dipendenti. La nuova sede, circa 50.000 metri quadrati, è stata scelta proprio per la vicinanza a spazi e servizi in modo da ottimizzare i tempi di spostamento dei propri collaboratori e ponendo grande attenzione alla qualità degli ambienti di lavoro.

Per un’azienda che innova, il capitale umano è un settore strategico e, dal 2015, Siropack collabora con l’Università di Bologna, ospitando studenti per tirocinio di tesi. Tra le iniziative più importanti in ambito di welfare, la presenza di un formatore ad hoc responsabile dell’organizzazione e della predisposizione di corsi di formazione realizzati su misura del collaboratore. Per il 2017, in programma anche corsi di lingua straniera per i dipendenti a contatto con l’estero. Nel 2016 come regalo di Natale da parte dell’azienda sono stati acquistati e distribuiti ai dipendenti dei buoni da spendere per acquisti per sé e la famiglia.

Nel 2017, inoltre, verranno introdotti i buoni benzina ed è in corso una trattativa con palestre e scuole materne nel perimetro della nuova sede, per l’accesso a questo tipo di servizi da parte dei dipendenti, a spese o con il contributo dell’azienda.

 

 

Welfare Index PMI fa crescere l’impresa e per questo vince ancora!

Siamo lieti di annunciare la menzione di merito assegnata nell’ambito del Premio AIFIn “CSR Award” e consegnata ieri a Milano durante il Convegno “CSR – Sustainability Strategy”.

“CSR Award – AIFIn” è un riconoscimento annuale che ha lo scopo di promuovere il tema della Corporate Social Responsibility nel settore bancario, assicurativo e finanziario. Il premio intende valorizzare le best practice e gli operatori del settore capaci di integrare la Sostenibilità e la Corporate Social Responsibility nel piano strategico con l’obiettivo di perseguire uno sviluppo sostenibile di lungo periodo.

Il welfare aziendale è un potente strumento che può aiutare la crescita progressiva di questo percorso, superando la logica economica per comprendere e dare risposte in chiave socio-economica.

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Studio Sila Tommaso, microcredito macrorisultati

“Come datore di lavoro non voglio che i miei dipendenti si impegnino in prestiti troppo onerosi. L’azienda allora offre questa possibilità, con condizioni molto più vantaggiose.”

Tommaso Sila, titolare

➝ Obiettivo delle iniziative: sostegno economico, migliorare il benessere organizzativo, fidelizzazione dei propri collaboratori.

Conta su un totale di 9 persone divise su più business unit e lo studio si distingue per un legame molto forte tra titolare e dipendenti. Tra le iniziative più distintive: il microcredito ai collaboratori che possono così accedere a prestiti a tasso fisso e convenienti. È l’azienda stessa ad offrire il prestito a condizioni vantaggiose, permettendo ai collaboratori di affrontare spese importanti e allo stesso tempo risparmiare, senza essere costretti alla cessione del quinto o ad altri impegni onerosi.

Un’attenzione speciale è dedicata inoltre alla flessibilità oraria: l’approccio è quello
di garantire ai lavoratori autonomia nella gestione degli orari, secondo un regolamento aziendale. La flessibilità prevista riguarda l’ingresso e l’uscita, la pausa pranzo e l’uscita anticipata in estate. I risultati sono ottimi: con la possibilità di organizzare i propri orari, i lavoratori sono responsabilizzati e operano con maggiore produttività.

Per conciliare i tempi di vita e lavoro, in particolare delle neo-mamme o a fronte di esigenze personali importanti, l’azienda ha sperimentato con successo lo smartworking, la cui premessa fondamentale è il consolidamento in azienda della cultura dell’obiettivo, non legata esclusivamente alle ore trascorse in ufficio e basata sulla fiducia reciproca.

In campo anche iniziative tese ad accrescere il potere d’acquisto dei collaboratori come ad esempio i ticket restaurant ben oltre l’importo previsto dal contratto nazionale e la convenzione con uno studio dentistico che offre ai lavoratori dello studio prestazioni a prezzi calmierati. Degno di nota anche l’impegno nella formazione per aggiornare costantemente i collaboratori dello studio sulle novità delle normative anche in ambito di welfare, argomento sul quale lo studio offre anche servizi di consulenza.

Welfare aziendale e detassazione: i chiarimenti dell’agenzia delle entrate

Non è possibile detrarre l’Iva per il datore di lavoro che acquista servizi di welfare con finalità ricreative a favore della generalità o categorie di dipendenti.

La Direzione Regionale della Lombardia dell’Agenzia delle Entrate, con risposta ad interpello n. 904-603/2017 dello scorso 20 luglio, ha detto di no alla richiesta di poter detrarre l’Iva versata per l’acquisto dell’abbonamento alla pay-tv che la società istante, nell’ambito di un piano Welfare sostenuto da regolamento aziendale, aveva deciso di mettere a disposizione di categorie di lavoratori.

L’Agenzia delle Entrate sostiene infatti che il diritto alla detrazione Iva spetta alle condizioni che seguono, a suo giudizio non rispettate nel caso trattato:

1) l’acquisto dei beni e dei servizi deve essere inerente all’attività economica svolta dal soggetto passivo;
2) i beni e i servizi acquistati devono essere afferenti ad operazioni imponibili o ad esse assimilate dalla legge ai fini dell’esercizio della detrazione;
3) deve sussistere un nesso diretto e immediato tra le spese collegate alla prestazioni a monte e il complesso delle attività economiche del soggetto d’imposta, essendo la detraibilità connessa al trattamento delle operazioni effettuate a valle, cui gli acquisti si riferiscono. A parziale compensazione occorre tuttavia sottolineare che l’Iva non detratta costituisce onere accessorio di diretta imputazione al costo del servizio cui si riferisce e pertanto risulta senz’altro deducibile dal reddito d’impresa ai sensi dell’art. 110 del TUIR.

Grazie a quest’ultimo chiarimento si completa il quadro del trattamento ai fini delle imposte dirette e dell’Iva delle spese aziendali relative a servizi con finalità ricreative utilizzabili dalla generalità o categorie di dipendenti, che a seguire si riassume:

a) se le spese sono sostenute volontariamente dal datore di lavoro, le stesse sono deducibili dal reddito d’impresa per un ammontare complessivo non superiore al cinque per mille dell’ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione dei redditi, ai sensi dell’art. 100 del TUIR;

b) se le spese sono sostenute in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale la deducibilità dal reddito d’impresa è invece al 100%;

c) in entrambi i casi sopra descritti l’Iva sui servizi acquistati dal datore di lavoro e offerti ai dipendenti è indetraibile da quella dovuta sulle vendite e di conseguenza, divenendo un onere accessorio di diretta imputazione al costo del servizio cui si riferisce, risulta deducibile dal reddito d’impresa.

Claudio Della Monica
Consulente del Lavoro – Della Monica & Partners srl STP

Cosa si intende per welfare aziendale?

Welfare Index PMI ha proposto una definizione del welfare aziendale: il complesso delle iniziative attuabili dall’impresa, in forma sia unilaterale sia negoziale, con lo scopo di migliorare il benessere e la sicurezza sociale dei lavoratori e delle loro famiglie.

Nel precedente capitolo abbiamo esaminato le trasformazioni in corso, le quali determinano le sfide al benessere e alla sicurezza degli italiani e provocano l’emergere di un insieme molto vasto di bisogni sociali.

Si tratta di bisogni vecchi e nuovi. Alcuni da sempre considerati primari, come le pensioni e la sanità, che per tutto il secolo scorso sono stati al centro delle politiche di welfare sia pubblico che complementare. Altri non meno maturi, come i servizi per il sostegno alla maternità e la cura dei figli, ma che nel nostro paese non hanno mai ricevuto soluzioni adeguate e sono rimasti a carico esclusivo delle famiglie.

Altri ancora, come l’assistenza agli anziani, che solo recentemente si sono imposti all’attenzione generale a causa dell’invecchiamento della popolazione, dell’indebolimento delle capacità di cura delle famiglie e delle difficoltà di bilancio dei comuni che ne hanno limitato le capacità di fornire assistenza. E infine i nuovi bisogni che caratterizzano la nostra epoca, come l’integrazione sociale dei lavoratori immigrati.

Negli ultimi trent’anni le politiche di riforma del welfare si sono concentrate soprattutto su tre aree: le pensioni, la sanità, la tutela del lavoro. Il welfare non è mai stato solo questo, ma queste aree hanno avuto – e tutt’ora mantengono – un ruolo fondamentale per la sicurezza sociale del paese. A queste aree oggi si affianca una gamma vastissima di bisogni e richieste di soluzioni.

In questo carattere del welfare aziendale c’è un aspetto paradossale che non vogliamo rimuovere: proprio quando le risorse si fanno più scarse, mentre si cercano maggiori risorse da dedicare alla integrazione delle pensioni e dalla sanità, si aprono aree di iniziativa altrettanto urgenti a cui dedicare ulteriori risorse. È evidente che il problema è reale e non può ricevere una risposta universale. I bisogni si distribuiscono in modo differenziato nel territorio. E non ci riferiamo alle grandi aree geografiche ma ai microterritori, caratterizzati da attività produttive, condizioni economiche ed emergenze sociali molto diverse. Sono diversi anche i livelli di qualità del sistema sanitario e le capacità degli enti locali di erogare servizi di assistenza. In ogni area del paese ci confrontiamo con priorità diverse.

E diverse sono le aziende. Non solo per condizione economica e per risorse disponibili, ma anche per la composizione delle popolazioni aziendali. Ogni azienda si confronta con bisogni differenti secondo il numero dei collaboratori, l’età, le condizioni familiari, e condizioni di contesto come quelle che riguardano il mercato del lavoro, le distanze e i trasporti, le difficoltà di integrazione…

Sono quindi evidenti i motivi per cui il nuovo welfare assegna un ruolo centrale alle imprese.

➝ Anzitutto perché esse, e in particolar modo le PMI, hanno un rapporto diretto con i lavoratori e con le loro famiglie, ne conoscono e sono in grado di rilevarne i bisogni, e sono quindi capaci di definire piani di welfare centrati sulle esigenze riconosciute come prioritarie, evitando la dispersione e gli sprechi.

➝ Inoltre perché le imprese, e ancora una volta soprattutto le PMI per il loro numero e per la loro diffusione, hanno un rapporto diretto con il territorio. Ciò da un lato le mette in grado di riconoscere i bisogni delle comunità locali, dall’altro permette loro di promuovere alleanze con altri soggetti interessati:

• le imprese vicine, con le quali condividere i servizi per raggiungere la massa critica di utenza e ridurre l’incidenza dei costi;
• i fornitori di servizi, incluse le organizzazioni del terzo settore;
• le istituzioni pubbliche locali e le rappresentanze sociali.

Dunque il welfare aziendale è necessariamente un sistema flessibile perché richiede a ogni impresa di definire gli obiettivi e i contenuti delle proprie iniziative. Ma la flessibilità del welfare aziendale consiste anche nella possibilità per ogni lavoratore di scegliere i servizi di cui usufruire e il modo di farlo.

La normativa è stata disegnata con questo scopo, evitando rigidità vincolanti e prevedendo la possibilità di utilizzare strumenti di facilitazione per l’accesso ai servizi, quali i voucher elettronici o cartacei e le piattaforme online. Questa è una importante condizione di successo. Infatti la domanda di welfare aziendale si allargherà solo se i lavoratori potranno apprezzare il valore economico dei servizi ricevuti. Ciò sarà possibile se si tratterà di servizi considerati di prima necessità, sostitutivi di una componente non comprimibile di spesa familiare.