28 marzo 2017, LUISS Guido Carli: presentazione del Rapporto 2017 e del primo rating di welfare aziendale

I numeri del Rapporto 2017, l’introduzione del primo rating di welfare aziendale per le imprese e l’annuncio dell’evento di presentazione del Rapporto: sono tante le novità in casa Welfare Index PMI.

  • 3.422 imprese (+60% del 2016), hanno aderito alla seconda edizione del Rapporto sul welfare aziendale in Italia e riceveranno il Rating Welfare Index PMI
  • Il Rating, con valutazioni da 1W a 5W, valorizza l’azione delle piccole e medie imprese italiane nel welfare. 22 aziende ottengono le 5W
  • 28 marzo 2017: Presentazione alla Luiss G. Carli di Roma del secondo Rapporto annuale e premiazione dei migliori progetti di welfare

Diffondere la cultura del welfare aziendale come leva di crescita per le piccole e medie imprese, che rappresentano l’80% della forza lavoro del Paese. Questo è l’obiettivo di Welfare Index PMI, l’iniziativa – giunta alla seconda edizione – promossa da Generali Italia, con la partecipazione delle maggiori confederazioni italiane: Confindustria, Confagricoltura, Confartigianato e Confprofessioni.

Cresce il successo dell’iniziativa con il coinvolgimento all’indagine di oltre 3.400 aziende, il 60% in più del 2016. La ricerca, condotta da Innovation Team, rappresenta la prima mappatura sistematica della diffusione del Welfare aziendale, che quest’anno si è allargata ai cinque settori produttivi – agricoltura, industria, artigianato, commercio e servizi, studi e servizi professionali – e al terzo settore.

Alle imprese partecipanti, Welfare Index PMI mette a disposizione una misura del proprio livello di welfare, considerando 12 aree di welfare aziendale. Ogni impresa, attraverso il sito www.welfareindexpmi.it, può accedere a un servizio gratuito per misurare le proprie iniziative di welfare e confrontarsi con le esperienze più avanzate del proprio settore.

Quest’anno Welfare Index PMI introduce un nuovo strumento: il Rating Welfare Index PMI, che raggruppa tutte le aziende in 5 classi con un valore crescente da 1W a 5 W. Lo scopo è di permettere alle imprese di comunicare il proprio livello di welfare in modo immediatamente riconoscibile, facendo diventare il rating un vantaggio competitivo oltre che a stimolare un percorso di crescita.
Le 22 aziende che hanno ottenuto le 5W sono storie d’eccellenza, ovvero aziende che hanno attuato un ampio ventaglio di iniziative per il benessere dei lavoratori e delle loro famiglie, con soluzioni originali.

“Il welfare fa parte del dna di Generali Italia, sia per i nostri 8 mila dipendenti sia per i dipendenti delle grandi aziende, nostre clienti. Ma l’Italia è fatta di piccole medie imprese e l’iniziativa Welfare Index PMI vuole diffondere in loro e, quindi, nel Paese, la cultura del welfare aziendale: uno strumento chiave per la crescita. Siamo molto lieti che un numero sempre maggiore di imprese aderisca a Welfare Index PMI per valutare il proprio livello di welfare. Un risultato importante che è stato possibile solo grazie alla partecipazione attiva di tanti attori, come le imprese, le confederazioni e le istituzioni”, ha dichiarato Marco Sesana, Country Manager e Amministratore Delegato di Generali Italia.

Nel 2017 hanno aderito all’iniziativa anche Confartigianato e Confprofessioni, affiancandosi a Confindustria e Confagricoltura. La partecipazione delle associazioni imprenditoriali è stata determinante per la diffusione del progetto e dimostra impegno continuo delle associazioni imprenditoriali nel sostenere le imprese.

Alberto Baban, Presidente della Piccola Industria di Confindustria: “Il welfare pubblico è un pilastro della nostra società ma se viene integrato con i sistemi privati può crescere in efficienza ed efficacia. In questo contesto le pmi, che sono piccole comunità formate dall’imprenditore e dai suoi collaboratori, possono diventare i principali attori della trasformazione sociale del modello economico e della distribuzione del benessere. Iniziative come quella del Welfare Index PMI sono fondamentali per aiutarci a cogliere questa sfida favorendo sul piano culturale l’avvicinamento delle piccole e medie imprese al concetto di welfare come elemento di competitività. Non dobbiamo dimenticare, infatti – conclude Baban -, che migliorare il welfare in azienda aiuta anche la produttività”.

Mario Guidi, Presidente di Confagricoltura: “L’agricoltura ha una storia consolidata di welfare. Ha sempre svolto una funzione sociale a vantaggio della collettività, in particolare dei propri dipendenti, favorendo l’inserimento dei lavoratori nel contesto aziendale e migliorando la loro qualità di vita attraverso la creazione di alloggi, scuole, punti di aggregazione e, soprattutto, fornendo assistenza in campo sanitario. Oggi la strada intrapresa dalle aziende agricole verso il più ampio concetto di sostenibilità – ambientale, economica e sociale – porta ad un sempre maggiore impegno in questa direzione. Non è un caso che oggi esista una realtà consolidata fatta da migliaia di imprese agricole impegnate in Agricoltura Sociale, a cui Confagricoltura guarda con particolare attenzione. Dal Welfare Index Pmi e dalle esperienze di altri settori contiamo di trarre idee ed elementi di progettualità utili per tutte le nostre imprese”.

Giorgio Merletti, Presidente di Confartigianato Imprese: “Confartigianato ha una consolidata esperienza trentennale nella gestione del welfare, attraverso la bilateralità, nell’interesse dei nostri imprenditori, dei loro dipendenti e delle famiglie. Abbiamo quindi aderito all’iniziativa Welfare Index PMI perché consideriamo il welfare aziendale uno strumento che consente agli imprenditori di costruire risposte efficaci e su misura in materia di previdenza, sanità, istruzione e formazione, opportunità di lavoro, conciliazione tra tempo lavorativo e vita privata, pari opportunità, cultura e tempo libero, iniziative a beneficio del territorio e della comunità”.

Gaetano Stella, Presidente di Confprofessioni: “Da oltre dieci anni siamo impegnati a promuovere la cultura del welfare all’interno degli studi professionali, perché siamo fermamente convinti del suo valore per la crescita del capitale umano e dell’innovazione sociale. Abbiamo accolto con vivo interesse l’iniziativa promossa da Generali Italia e siamo pronti a sostenerla sia all’interno degli studi, ma anche delle Pmi. Crediamo infatti che i professionisti, nel loro ruolo di intermediari qualificati, possano svolgere una funzione fondamentale per diffondere la cultura del welfare nelle imprese”.

Evento Welfare Index Pmi 2017

Le novità del welfare verranno illustrate nel “Rapporto Welfare Index Pmi 2017”, che verrà presentato il prossimo 28 marzo a Roma presso l’università Luiss G. Carli. Durante l’evento di presentazione – patrocinato dalla Presidenza del Consiglio – saranno premiate le prime tre classificate di ogni settore e attribuite 4 menzioni speciali alle piccole e medie imprese migliori negli ambiti di: agricoltura sociale, terzo settore, valore donna, integrazione sociale.

Comitato Guida

Il Comitato Guida segue l’evoluzione del welfare aziendale e, conseguentemente, definisce le aree di welfare sottostanti al Welfare Index PMI, oggetto dell’indagine. A rilevazione avvenuta, ne analizza e certifica i risultati e rilascia a ogni impresa un attestato di rating con una sintetica motivazione.

Il Comitato Guida è composto da figure indipendenti, professionisti del settore, rappresentanti di Generali Italia, delle Confederazioni e da membri delle istituzioni universitarie/scientifiche: Bruno Busacca, Responsabile Segreteria Tecnica del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Mario Calderini, Professore Politecnico di Milano e Consigliere politiche di ricerca e innovazione al Ministero dell’Istruzione, Cristina Calabrese, Amministratore Delegato di K2People, Cesare Fumagalli, Segretario Generali di Confartigianato, Marco Magnani, Senior Research Fellow Harvard Kennedy School; Andrea Mencattini, Chief Governance of Insurance Subsidiaries, Business Development e Institutional Relation Officer di Generali Italia; Luigi Mastrobuono, Direttore Generale di Confagricoltura; Marcella Panucci, Direttore Generale di Confindustria; Nicola Pelà, Director of HR for Retail Pharmacy International Walgreens Boots Alliance , Giovanni Luca Perin, Chief HR & Organization Officer di Generali Italia; Lucia Sciacca, Direttore Comunicazione e Sostenibilità di Generali Italia; Gaetano Stella, Presidente di Confprofessioni. Segretario del Comitato Guida: Marco Colnagni Make a Change.

I partner dell’iniziativa

Generali Italia, la compagnia assicurativa del Gruppo Generali, è leader di mercato con la più grande e diversificata rete distributiva in Italia. Agli oltre 10 milioni di clienti, tra persone, famiglie e imprese, offre soluzioni assicurative vita, danni e previdenza, personalizzate in base ai bisogni degli assicurati. Con una raccolta premi complessiva di 23,4 miliardi di euro, Generali Italia è il primo polo assicurativo del Paese. In Italia, il Gruppo opera con Generali Italia, Alleanza Assicurazioni, Genertel e Genertellife.

Confindustria è la principale associazione di rappresentanza delle imprese manifatturiere e di servizi in Italia, con una base, ad adesione volontaria, che conta oltre 150mila imprese di tutte le dimensioni, per un totale di 5.440.873 addetti. L’attività dell’associazione è di garantire la centralità dell’impresa, quale motore per lo sviluppo economico, sociale e civile del Paese. Confindustria rappresenta le imprese e i loro valori presso le Istituzioni, a tutti i livelli, per contribuire al benessere e al progresso della società. È in questa chiave che garantisce servizi sempre più diversificati, efficienti e moderni.

Confagricoltura è l’organizzazione di rappresentanza e tutela dell’impresa agricola italiana. Riconosce nell’imprenditore agricolo il protagonista della produzione e persegue lo sviluppo economico, tecnologico e sociale dell’agricoltura e delle imprese agricole. La presenza di Confagricoltura nel territorio nazionale si concretizza, in modo capillare, attraverso le Federazioni regionali (19), le Unioni provinciali (95), gli uffici di zona e le delegazioni comunali.

Confartigianato Imprese è la più grande rete europea di rappresentanza degli interessi e di erogazione di servizi all’artigianato e alle piccole imprese. Il Sistema Confartigianato opera in tutta Italia con una sede nazionale a Roma e 1.200 sedi territoriali che fanno capo a 118 Associazioni provinciali e a 20 Federazioni regionali. Confartigianato rappresenta le imprese appartenenti a decine di settori organizzate in 7 Aree di impresa, 12 Federazioni di categoria che, a loro volta, si articolano in 46 Associazioni di Mestiere.

Confprofessioni è la principale organizzazione di rappresentanza dei liberi professionisti in Italia. Fondata nel 1966 rappresenta e tutela gli interessi generali della categoria nel rapporto con le controparti negoziali e con le istituzioni politiche comunitarie nazionali e territoriali a tutti i livelli. Attraverso 20 delegazioni regionali, la Confederazione mira alla qualificazione e alla promozione delle attività intellettuali nel contesto economico e sociale. Firmataria del CCNL dei dipendenti degli Studi Professionali, raggruppa un sistema produttivo composto da oltre 1 milione e mezzo di liberi professionisti per un comparto di 4 milioni di operatori che formano il 12,5 % del Pil.

Una nuova armonia tra profitto e benessere: l’importanza del welfare aziendale per la creazione di valore condiviso

Negli ultimi decenni, si è assistito ad una sempre maggiore crisi del welfare state. Il graduale invecchiamento della popolazione ha difatti profondamente alterato gli equilibri demografici sottostanti allo stesso, aggravando i già acuti problemi di ordine finanziario.

L’Italia si è ritrovata a dover conciliare l’esigenza di contenere la spesa pubblica e rendere sostenibile il sistema di welfare. Le istituzioni, anche sotto la pressione dei “controllori europei”, hanno dovuto ridurre la spesa, fenomeno che ha coinvolto anche le politiche di protezione sociale. In questo contesto, le politiche di welfare aziendale possono risultare uno strumento integrativo delle tutele del welfare state.

Il welfare aziendale nasce perciò come tentativo di dare una risposta ai bisogni insoddisfatti dei dipendenti lavoratori in materia di assistenza sanitaria, previdenza, istruzione.
Esso è inteso come l’insieme di incentivi e servizi che l’impresa fornisce ai propri dipendenti per rendere migliore la vita. Le azioni vanno dal sostegno al reddito familiare ad agevolazioni di tipo commerciale, dalle pratiche per la tutela della salute ad attività per il tempo libero, da proposte per lo studio al sostegno alla genitorialità, problema particolarmente spinoso per le donne lavoratrici che, divise tra il lavoro, la cura dei figli e, sempre più di frequente, l’assistenza ai genitori anziani, sono, ancora troppo frequentemente, costrette a dover lasciare il posto di lavoro a causa della mancanza di un’adeguata offerta di servizi.

Le imprese devono dunque affrontare la difficile sfida di soddisfare gli attuali bisogni della società, affiancando alle politiche sociali tradizionali soluzioni innovative sostenibili in termini economici e che riescano, al tempo stesso, ad aumentare la produttività dei propri dipendenti. Lo scenario creatosi oggi è un nuovo welfare fatto di due settori, uno pubblico e l’altro privato, in cui interagiscono più attori economici e sociali.

I vantaggi sono: per i dipendenti, che godono, al di fuori della busta paga, di benefit, e per le imprese, che, grazie alle strategie di welfare, possono fare leva su un cuneo fiscale alternativo, offrendo servizi al posto di aumenti di stipendio, ottenendo in cambio una minore pressione fiscale, il rafforzamento dei legami tra imprese e territorio, e, soprattutto, la fidelizzazione dei propri dipendenti.

Gli obiettivi per un piano di welfare sussidiario sono:
Aumento del benessere del singolo dipendente e del suo nucleo familiare;
Effetto positivo sull’organizzazione e sul clima all’interno dell’impresa;
Ottimizzazione economica e finanziaria delle risorse a disposizione dell’impresa, con incremento del valore sociale;
Valorizzazione del capitale umano e della produttività aziendale;
Nuove logiche relazionali con gli stakeholder.

Il piano di welfare aziendale può assumere per l’impresa un valore chiave in termini di competitività, rappresentando una vera e propria leva strategica per l’impresa.
Il circolo virtuoso del welfare aziendale è riassumibile nella figura sottostante.

Figura 1: Il circolo virtuoso del welfare aziendale

 

Attraverso la conoscenza del welfare aziendale, dei suoi strumenti, delle norme e degli incentivi fiscali, e mediante un supporto informativo, operativo e di consulenza, l’imprenditore arriva ad attuare delle azioni in questa direzione. Le iniziative potranno essere più o meno importanti e coprire solo alcune delle aree del welfare aziendale, ma avranno come conseguenza la conoscenza e l’utilizzo dei servizi da parte dei lavoratori e il riconoscimento del valore.

La conclusione naturale del circolo virtuoso sarà l’impatto sui risultati, in particolare sulla produttività, sul clima e sulla fedeltà dei lavoratori, sull’immagine e sulla reputazione dell’impresa. Si tratta di un compito arduo, ma le piccole e medie imprese più accorte sapranno cogliere questa grande sfida costruendo un buon piano che parta dall’analisi delle caratteristiche demografiche della popolazione aziendale, per cogliere le diversità presenti in azienda in termini di inquadramento, livelli di reddito, genere, e comprendere pertanto le esigenze dei lavoratori e delle loro famiglie.

L’indagine delle esigenze da soddisfare deriverà perciò dall’analisi delle fonti a livello normativo e fiscale, dalla valutazione dei bisogni emergenti della collettività ed, infine, dalla rilevazione delle aspettative dei dipendenti.

In sintesi, una buona pianificazione dei servizi di welfare aziendale, oltre a creare un maggiore benessere organizzativo, può offrire anche un vantaggio competitivo e un ritorno per l’azienda ben superiore ai costi sostenuti. La proposta di un piano di welfare aziendale suscita dunque un sempre maggiore interesse nelle imprese, in quanto capace di accrescere il valore apportato dalle persone all’organizzazione, facendo leva su diversi fattori che incidono, in modo diretto o indiretto sulle modalità della prestazione lavorativa, sullo sviluppo del capitale umano e sul clima organizzativo.

Prof. Marco Meneguzzo
Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”

Legge di Bilancio 2017: premio in denaro convertibile in servizi di Welfare

E’ questo l’effetto della Legge di Bilancio per il 2017, secondo cui da quest’anno il lavoratore può chiedere al datore di lavoro di convertire il premio di risultato anche con i “benefit” previsti dal comma 4 dell’art. 51 del TUIR (autovetture a uso promiscuo, prestiti, immobili ad uso foresteria, trasporto ferroviario) e non più solo con quelli previsti al comma 2 (i cd “servizi sociali”, dall’istruzione alla ricreazione, dall’assistenza sanitaria a quella sociale, dalla cura dei figli all’assistenza agli anziani) e all’ultimo periodo del comma 3 (servizi  di importo non superiore nel periodo d’imposta a euro 258,23).

Ma andiamo con ordine. Ogni dipendente può individualmente scegliere di trasformare, in tutto in parte, il premio in denaro spettante sulla base di un accordo sindacale di produttività in “premio sociale” spendibile quindi in servizi di Welfare.

Il vantaggio per il dipendente è innanzitutto di tipo fiscale, considerato che la somma in denaro deve essere decurtata delle ritenute contributive e fiscali di legge a suo carico (anche se queste ultime ridotte al 10%); invece il valore del premio sociale non è soggetto ad alcuna trattenuta.

Mentre la Legge di stabilità per il 2016 limitava la conversione ai servizi del comma 2 e dell’ultimo periodo del comma 3, con la nuova Legge di bilancio risultano ampliate le possibilità di sostituzione, essendo estese anche ai benefit del comma 4.
In caso di sostituzione, tuttavia, i benefit prescelti sono da assoggettare a tassazione secondo le regole ordinarie di determinazione convenzionale del reddito imponibile.

Anche se sono attesi necessari chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate, facciamo un esempio in caso di auto aziendale già assegnata al dipendente per uso promiscuo (cioè sia per lavoro sia a fini privati). Il vantaggio per il lavoratore potrebbe consistere nell’abbattimento dei contributi e dell’irpef dovuti sul reddito imponibile convenzionale di 4.500 km annui valorizzati al costo unitario Aci. Ma se invece egli non risultasse già assegnatario dell’auto e scegliesse questo benefit in sostituzione del premio? Bisognerebbe innanzitutto che il datore di lavoro fosse disponibile a sostenerne il costo economico di acquisizione (noleggio, leasing, acquisto diretto ecc.) e questo non è poi così scontato.

Claudio Della Monica
Consulente del Lavoro – Della Monica & Partners srl STP