Come rendere la maternità più semplice in azienda

Spiegato step by step da B+B International, Welfare Champion 2019

Federica Gallina Responsabile Risorse Umane e Welfare di B+B International, azienda Welfare Champion 2019 (leggi qui la best practice) ci spiega come attivare una politica avanzata a favore della maternità tesa a favorire la conciliazione vita-lavoro.

Un’iniziativa che nella software house di Montebelluna (TV) esiste dal 2017, un supporto importante in un’azienda a maggioranza maschile dove le donne rappresentano il 25% su un totale di 49 dipendenti. L’iniziativa che si chiama Fiocchi in B+B è un tassello importante che rientra nel più vasto progetto di welfare aziendale.

Vivere serenamente la maternità non impatta solo sul benessere delle persone, ma migliora il clima aziendale e quindi i suoi risultati. Se le persone hanno un giusto equilibrio tra vita privata e lavoro, anche l’azienda ne beneficia”. Federica Gallina, Responsabile Risorse Umane e Welfare, B+B International.

Anche in questo caso – ci spiega Federica Gallina – si è partiti dall’ascolto attivo dei dipendenti con una survey interna per capire da un lato le necessità reali durante la vita di tutti i giorni, dall’altro cosa concretamente può fare l’azienda per agevolare le persone nelle incombenze quotidiane”.

Ci siamo accorti – prosegue – che durante il periodo della maternità, la neo-mamma non rimaneva in contatto con l’azienda quindi al rientro in azienda, si ritrovava un po’ spaesata e non aggiornata sulla vita aziendale. Durante i mesi di assenza per maternità possono verificarsi varie attività come l’arrivo di nuovi colleghi, cambiamenti, lanci di nuovi prodotti o di nuovi strumenti lavorativi, e di tutto ciò è buona cosa esserne al corrente”.

Obiettivo di Fiocchi in B+B: aiutare le future mamme a vivere l’esperienza della maternità, sia personale che lavorativa, in modo migliore.

Progetto: consiste nell’affiancare e supportare la donna dal momento in cui dichiara di essere in dolce attesa fino al rientro, cercando di fornirle qualsiasi suggerimento possibile su come adempiere a tutta la parte burocratica e informandola sull’esistenza di bonus bebè o altri incentivi, sia a livello nazionale che regionale e aiutandola a gestire tutta la parte relativa all’INPS, (richiesta maternità, ecc).

L’azienda fornisce assistenza alle donne in tutti i mesi pre-parto e mantiene la neo-mamma informata sulla vita aziendale attraverso un blog interno, la dipendente riceve una mail ogni volta che viene pubblicata una news. In questo modo anche chi è in maternità accedendo al blog può facilmente rimanere aggiornato su ciò che accade in azienda. In prossimità del rientro l’azienda pianifica un incontro in azienda con la neo-mamma / collaboratrice e ne ascolta le nuove esigenze, dando supporto con informazioni sui nidi disponibili in zona e agevolando la neo-mamma con la flessibilità dell’orario di lavoro o il part-time.

Come si attiva? Il progetto è stato attivato sulla base di un regolamento interno senza la necessità di coinvolgere sindacati ed è seguito da una risorsa interna.

Costo per l’azienda: nessun costo vivo ma uno sforzo progettuale e il lavoro di chi si occupa delle Risorse Umane.

Misurabilità: da quando il progetto è in atto ci sono state 2 maternità. Il bilancio di Fiocchi in B+B è positivo perché ha dato l’opportunità alle neo-mamme di vivere più serenamente il periodo e il rientro in azienda

Difficoltà: bassa

Tempo di attivazione: molto breve, da un giorno a una settimana

Risorse necessarie: una persona che possa dedicare parte del suo tempo al progetto

N. Dipendenti: 49 (quando è partita l’iniziativa i dipendenti erano 37), di cui 25% donne.

Il Circolo virtuoso del welfare aziendale

Già nelle precedenti edizioni del rapporto abbiamo osservato la stretta relazione esistente tra la conoscenza che le imprese hanno del welfare aziendale, a partire dalla sua normativa, e l’ampiezza delle iniziative attuate; e tra l’ampiezza delle iniziative e il gradimento dei lavoratori (soprattutto se le politiche di welfare sono gestite coinvolgendo la popolazione aziendale). Abbiamo inoltre osservato che le imprese più attive e coerenti nelle politiche di welfare ottengono impatti positivi sulla produttività e in generale sui risultati aziendali. Infine, un fattore critico per la possibilità delle piccole imprese di attuare iniziative di welfare in modo efficiente è il supporto che queste possono ricevere dalle associazioni e da servizi comuni, alleandosi con altre imprese.

Abbiamo definito la correlazione tra questi fattori il circolo virtuoso del welfare aziendale.

Nella figura 35 lo rappresentiamo sinteticamente, evidenziando come in tutti i fattori sia in corso un trend di miglioramento, in alcuni casi molto sostenuto. La conoscenza è un fattore determinante. Per le imprese non si tratta solo di acquisire le necessarie informazioni normative e tecniche sul welfare aziendale, ma anche di possedere le competenze professionali necessarie alla gestione delle iniziative. E questo è particolarmente difficile per le imprese di minori dimensioni, normalmente prive di risorse dedicate.

 

Leggi il Rapporto 2019 completo qui.

Il commento del nostro esperto | L’iniziativa di UmbraGroup

UmbraGroup ha deciso di promuovere un piano di Welfare Aziendale a favore del proprio personale dipendente mediante ricorso ad una piattaforma informatica che consente di allocare il credito Welfare assegnato a ogni dipendente tra più servizi selezionati.

Tra questi servizi, l’iniziativa del Campus estivo a favore dei figli dei dipendenti è quella che più sta riscuotendo successo tra il personale. In questo caso, a differenza degli altri servizi offerti dalla piattaforma, UmbraGroup ha deciso di scendere direttamente in campo, facendosi parte attiva nell’individuazione di un provider esterno scelto in base alle caratteristiche dei potenziali utenti.

Ciò premesso, la fattispecie in esame rientra fiscalmente nel perimetro della lettera f-bis) del comma 2 dell’art. 51 del TUIR che recita:

Non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente: f-bis) le somme, i servizi e le prestazioni erogati dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione, da parte dei familiari indicati nell’articolo 12, dei servizi di educazione e istruzione anche in età prescolare, compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi, nonché per la frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali e per borse di studio a favore dei medesimi familiari.

Non concorrono pertanto a formare il reddito di lavoro dipendente nè le somme rimborsate ai dipendenti a fronte delle spese sostenute per l’iscrizione dei figli al campus aziendale, nè eventuali spese sostenute direttamente dal datore di lavoro per consentire l’usufruizione del servizio. Ciò in quanto l’art. 51, comma 2, lett. f-bis, a differenza della lett. f), specifica che non costituiscono reddito non solo” i servizi e le prestazioni” erogati dal datore di lavoro ma anche le “somme” (intese come rimborso di spese sostenute dai dipendenti).

Dal punto di vista aziendale, se la suddetta iniziativa di Welfare è frutto di un contratto sindacale oppure di un regolamento aziendale a carattere negoziale, le relative spese rimborsate ai dipendenti oppure sostenute direttamente dal datore di lavoro per l’iscrizione al Campus estivo sono deducibili per intero dal reddito d’impresa.

Viceversa, se l’iniziativa risulta inquadrabile tra le cd liberalità datoriali, allora le spese sono deducibili solo nella misura del 5 per mille delle spese per prestazioni di lavoro dipendente risultanti a bilancio.

Leggi l’articolo dedicato alle iniziative di Welfare di UmbraGroup.

Claudio Della Monica
Consulente del Lavoro – Della Monica & Partners srl STP

Welfare aziendale e tassazione

Come ripetutamente chiarito dall’Agenzia delle Entrate (circolare n. 326E/1997, circolare n. 5E/2018 punto 4.8 e, da ultimo, risposta a interpello n. 212 del 27/05/2019), in virtù del cosiddetto “principio di cassa”, che presiede la determinazione del reddito di lavoro dipendente, il momento impositivo ai fini fiscali delle erogazioni dei servizi o dei rimborsi di spese sostenute nell’ambito dei piani di welfare aziendale coincide con quello di effettiva percezione da parte del lavoratore dipendente.

Bisogna però distinguere il caso in cui i beni e servizi vengono erogati direttamente dal datore di lavoro da quello in cui sono scelti dal dipendente avvalendosi di una piattaforma welfare aziendale:

  • nel primo caso il momento di percezione fiscalmente rilevante è quello in cui il fringe benefit esce dalla sfera patrimoniale dell’erogante per entrare in quella del dipendente: trattasi dello stesso momento, quindi dello stesso periodo d’imposta;
  • nel secondo caso invece, i benefit si considerano percepiti (e quindi esclusi dal reddito di lavoro dipendente ai sensi e nei limiti previsti dall’art. 51, commi 2, 3 e 4 del TUIR) nel periodo d’imposta in cui il lavoratore effettua la scelta del servizio sulla piattaforma, indipendentemente dal momento in cui il servizio viene utilizzato o il rimborso erogato (quindi anche in un successivo periodo d’imposta), ovvero il datore di lavoro provvede al versamento dei contributi al fondo di previdenza complementare o alla cassa sanitaria.

welfare e tassazione

Facciamo un esempio: se il dipendente acquista a dicembre 2018 un voucher in piattaforma per servizi generici nei limiti di 258,23 euro ai sensi del 3° comma dell’art. 51, il predetto limite opera per il 2018 anche se il voucher viene speso nel corso del 2019. Pertanto se a gennaio 2019 il dipendente acquista un altro voucher di 258,23 euro, quest’ultimo può essere speso nel 2019 insieme al primo senza alcuna penalizzazione fiscale.

Ancora: secondo l’Agenzia delle Entrate se le spese sostenute dal lavoratore costituiscono per quest’ultimo un onere detraibile o deducibile in sede di dichiarazione dei redditi, il momento in cui il datore di lavoro le rimborsa rileverà ai fini della compilazione, da parte di quest’ultimo quale sostituto d’imposta, dell’apposita sezione della Certificazione Unica riservata ai “Rimborsi di beni e servizi non soggetti a tassazione” ai sensi dell’art. 51 del TUIR.

Tra le informazioni che il sostituto d’imposta/datore di lavoro deve fornire, infatti, il “punto 701” individua l’anno nel quale è stata sostenuta la spesa rimborsata dallo stesso sostituto, informazione necessaria al fine di evitare che il lavoratore possa fruire di un doppio beneficio, cioè la non concorrenza al reddito di lavoro dipendente e contemporaneamente la detrazione/deduzione dell’onere rimborsato in sede di dichiarazione dei redditi.

Claudio Della Monica
Consulente del Lavoro – Della Monica & Partners srl STP

Aumentano i premi di produttività convertiti in welfare

Dal 2017 al 2019 l’utilizzo dei premi di produttività convertiti in welfare è molto aumentato dal 4,1% al 15,9% delle imprese che ne sono a conoscenza. E un ulteriore 41,1% di queste si dichiara interessato e afferma che probabilmente utilizzerà in futuro questa opportunità.

Per quanto riguarda i flexible benefit la conoscenza è ancora più limitata, ed è aumentata in questi anni dal 29,8% al 35,8%. L’utilizzo è aumentato dall’1% al 16,2% delle imprese che ne sono a conoscenza, e un ulteriore 45% di queste si dichiara interessato per il futuro.

Clicca qui per leggere il Rapporto 2019 di Welfare Index PMI.

Crescono le iniziative di flessibilità organizzativa

In ambito conciliazione vita e lavoro, le iniziative di flessibilità organizzativa sono quelle più diffuse, praticate dal 36% delle PMI.

È un ambito che ha visto una forte accelerazione negli ultimi anni: nel 2016 solo il 16% delle PMI prevedevano questo tipo di iniziative. Si tratta soprattutto del superamento della rigidità dell’orario lavorativo con l’introduzione di regole più flessibili rispetto a quanto previsto dai CCNL: 34,1% delle PMI.

Tali misure possono essere oggetto di un accordo o di un regolamento aziendale, oppure soprattutto nelle PMI più piccole e meno strutturate, sono attuate in maniera più informale per fare fronte alle esigenze familiari specifiche dei singoli lavoratori.

Per saperne di più scarica il Rapporto Welfare Index PMI 2019.

Welfare aziendale 2019: polizze Long Term Care e Dread Disease

Non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente i contributi e i premi versati dal datore di lavoro a favore della generalità dei dipendenti o di categorie di dipendenti per prestazioni, anche in forma assicurativa, aventi per oggetto il rischio di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana o aventi per oggetto il rischio di gravi patologie.

È quanto previsto dall’articolo 1, comma 161, della legge di Bilancio 2017, che inserisce al comma 2 dell’art. 51 del TUIR una nuova ipotesi di benefit detassato prevista dalla nuova lettera f-quater, nonchè dai successivi chiarimenti contenuti nella circolare n. 5 del 29 marzo 2018 da parte dell’Agenzia delle Entrate. Sono riconducibili alla prima tipologia le polizze dirette a garantire una copertura assicurativa per stati di non autosufficienza del dipendente che richiedono generalmente il sostenimento di spese per lunga degenza (cd polizze “Long Term Care”).

Appartengono invece alla seconda categoria le polizze dirette a garantire una copertura assicurativa contro il rischio di insorgenza di malattie particolarmente gravi (cd polizze “Dread Disease”). Relativamente alla stipula di polizze “Long Term Care”, i soggetti considerati non autosufficienti sono coloro che non sono in grado di compiere gli atti della vita quotidiana quali, ad esempio, assumere alimenti, espletare le funzioni fisiologiche e provvedere all'igiene personale, deambulare, indossare gli indumenti. Inoltre, deve essere considerata non autosufficiente la persona che necessita di sorveglianza continuativa. Invece, per le polizze Dread Disease, mancando indicazioni normative volte a delimitare il contenuto delle “gravi patologie”, è possibile fare riferimento all’elenco delle malattie professionali per le quali è obbligatoria la denuncia all’Ispettorato del lavoro. Prima dell’entrata in vigore della legge di Bilancio 2017 i contributi o premi versati dal datore di lavoro per garantire ai dipendenti una copertura assicurativa del tipo Long Term Care o Dread Disease costituivano reddito di lavoro dipendente sul quale calcolare contributi previdenziali e irpef, a meno che detti contributi o premi non fossero annualmente inferiori all’importo di euro 258,23 (art. 51, comma 3, TUIR) e a condizione che il datore di lavoro non avesse già garantito ai dipendenti interessati altri beni o servizi generici di valore pari o superiore alla predetta franchigia. Sulla base della circolare n. 5, l’utilizzo, da parte del legislatore dei termini “contributi e premi” senza altra specificazione, porta a ritenere che la lettera f-quater) trovi applicazione anche nelle ipotesi in cui i contributi siano versati ad enti o casse non aventi i requisiti di cui alla lettera a) del comma 2 dell’art. 51 TUIR, o a fondi sanitari non iscritti all’anagrafe, nonché ad enti bilaterali. L’Agenzia delle Entrate specifica inoltre che la non concorrenza al reddito di lavoro dipendente prevista per i contributi versati ai sensi della lettera f-quater) si realizza sempreché gli stessi siano destinati all’erogazione di prestazioni in favore del dipendente e non anche dei suoi familiari, a prescindere se a carico o meno. Pertanto, laddove la polizza garantisca prestazioni sia al dipendente che ai familiari, occorrerà scorporare la quota riferita alla posizione dei familiari, che potrebbe costituire reddito di lavoro dipendente salva la franchigia di euro 258,23 di cui si è già detto. Altra condizione da rispettare ai fini della non concorrenza al reddito è costituita dalla circostanza che il versamento del premio o del contributo venga eseguito dal datore di lavoro in favore della generalità o di categorie di dipendenti e non “ad personam”.

Claudio Della Monica
Consulente del Lavoro – Della Monica & Partners srl STP

Sostegno all’istruzione dei figli: ci pensa il welfare aziendale

Il sostegno all’istruzione di figli e familiari è stato individuato come uno degli ambiti fiscalmente incentivati per interventi di welfare aziendale fin dalla Legge di Stabilità del 2016.

Le imprese possono così giocare un ruolo importante nel sostenere i percorsi di formazione e crescita dei giovani in vari modi: aiutando economicamente le famiglie a sostenere le spese per l’istruzione dei figli; supportando la formazione dei lavoratori più giovani; realizzando iniziative di orientamento e inserimento (stage, alternanza scuolalavoro, borse di studio…) anche con il concorso del sistema scolastico e universitario.

Attualmente solo il 4,2% delle PMI italiane hanno attivato iniziative di questo tipo, ma sono in netta crescita: nel 2016 la quota era soltanto dell’1%, nel 2017 e 2018 del 2,7%. Il rimborso delle spese di iscrizione e di rette è il supporto più diffuso: 1,5% per le scuole materne, 2,0% per le scuole primarie e secondarie, 1,3% per l’università. Alcune PMI offrono rimborsi per l’acquisto di libri e materiali didattici (1,9%), per viaggi di studio e istruzione (0,7%) o per gli altri servizi connessi alla scuola come trasporto e pasti fuori casa (0,9%).

Leggi il Rapporto 2019 di Welfare Index PMI.

Conciliazione vita-lavoro | Estratto del Rapporto di Welfare Index PMI 2019

Le iniziative nell’area della conciliazione vita familiare e lavoro e delle facilitazioni al lavoro sono praticate dal 59,2% delle imprese.

Vi rientrano un’ampia gamma di possibili azioni, essenzialmente di tipo organizzativo (come flessibilità oraria, permessi e lavoro a distanza) o nella forma di facilitazioni al lavoro. È un’area fondamentale su cui le PMI hanno rafforzato la propria offerta negli ultimi anni: nel 2016, prima edizione di Welfare Index PMI, il tasso di iniziativa non raggiungeva il 40% delle PMI. Circa il 10% delle PMI hanno segnalato interventi in quest’area nel solo ultimo anno, con il lancio di nuove iniziative o il potenziamento di quelle già esistenti. È inoltre un’area che le imprese considerano prioritaria nel medio-lungo termine: la indicano infatti il 37,2% delle PMI intenzionate ad accrescere il proprio sistema di welfare aziendale nei prossimi 3-5 anni.

Abbiamo raggruppato le iniziative aziendali in quattro ambiti:

flessibilità nell’organizzazione del lavoro;
• misure a sostegno alla genitorialità;
supporti di facilitazione al lavoro;
altre misure a sostegno dei lavoratori e delle famiglie.

Leggi il Rapporto 2019 qui.

Welfare aziendale e detassazione: i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate sull’Assistenza sanitaria

Il versamento di contributi di assistenza sanitaria da parte del datore di lavoro o del lavoratore ad Enti o Casse con determinati requisiti e in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale non concorre a formare il reddito di lavoro dipendente fino all’importo complessivo annuo di euro 3.615,20.

Questo vuol dire che l’iscrizione ad una Cassa di assistenza sanitaria effettuata dal datore di lavoro a favore dei propri dipendenti consente ai beneficiari il rimborso da parte della Cassa stessa delle spese sanitarie sostenute senza alcun aggravio fiscale. In questo caso, il datore di lavoro è tenuto unicamente al versamento all’Inps di un contributo di solidarietà del 10% sui premi pagati alla Cassa.

Viceversa, il rimborso diretto da parte del datore di lavoro di spese sanitarie sostenute dal lavoratore – senza cioè il tramite di una Cassa di assistenza sanitaria – concorre a formare il reddito di lavoro dipendente e quindi detto rimborso risulta soggetto all’ordinaria tassazione contributiva e fiscale a carico sia dell’Azienda che del dipendente. È quanto emerge dalla risposta a interpello 285 del 19 luglio 2019 rilasciata dall’Agenzia delle Entrate.

Dal punto di vista del datore di lavoro risulta evidente il vantaggio contributivo e fiscale dell’iscrizione alla Cassa sanitaria: ad esempio a fronte di un premio di euro 2.000,00 annui versati a favore del proprio dipendente, sosterebbe un costo complessivo pari a euro 2.200,00 (2.000,00 più il contributo di solidarietà del 10%). Inoltre il dipendente non subirebbe alcuna trattenuta fiscale, né in relazione al premio versato dal datore di lavoro, né al momento del rimborso della spesa sanitaria sostenuta.

Infine, il datore di lavoro – in presenza di un contratto o di accordo o di regolamento aziendale – avrebbe la possibilità di dedurre l’intero costo dal reddito di impresa quale componente del reddito da lavoro. Invece, in caso di rimborso diretto al lavoratore dei 2.000,00 euro di spese sanitarie sostenute, il costo per il datore di lavoro ammonterebbe a più di 2.700,00 euro (2.000,00 più contributi ordinari più TFR), mentre il dipendente sui 2.000,00 euro ottenuti a rimborso subirebbe una ritenuta fiscale in busta paga che oscilla tra il 30 e il 40% di tassazione fiscale e contributiva, in funzione dello scaglione fiscale in cui si colloca il proprio reddito complessivo.

A livello di dichiarazione dei redditi personale, nel caso di iscrizione alla Cassa il lavoratore non beneficerebbe della detrazione del 19% delle spese mediche sostenute relativamente alla quota rimborsata dalla Cassa. Nel secondo caso, invece, detrarrebbe le spese mediche sostenute perché il rimborso delle stesse è stato già tassato in busta paga.

Claudio Della Monica
Consulente del Lavoro – Della Monica & Partners srl STP